Cercherà di spiegare quel che ancora non si è capito: come mai la sua segretaria Marcella Contrafatto si è trasformata in Corvo e ha spedito ai giornali i verbali dell'avvocato Piero Amara? Un mistero, uno dei tanti rebus di una vicenda sempre oiù ingarbugliata e sconcertante sull'asse Milano-Roma-Perugia. Questo solo segmento di una storia molto più complicata è al momento nelle mani dei pm di Roma che oggi ascolteranno in qualità di teste Piercamillo Davigo. Fino ad ottobre scorso, Davigo era al Csm e la sua segretaria era appunto Marcella Contrafatto, ora indagata con l'accusa di calunnia per aver aggiunto ai verbali una lettera di accompagnamento in cui rincarava la dose.
Come mai la signora, ora sospesa dal servizio, è stata conquistata a un passo dalla pensione dal demone del giustizialismo più feroce e ha messo in circolo quelle carte così scivolose?
A Milano Paolo Storari e Francesco Greco avevano litigato sulle presunte rivelazioni del discusso avvocato che aveva tratteggiato l'esistenza di una loggia segreta, la loggia Ungheria, con 40 nomi altisonanti di magistrati, politici, militari. Una specie di nuova P2, se il paragone non risultasse stucchevole. Fatto sta che Storari premeva per verificare quelle notizie, vere o false che fossero, mentre i vertici della procura temporeggiavano.
Qui comincia la serie di mosse «irrituali» compiute dai protagonisti di questa vicenda. L'anno scorso Storari rompe gli indugi e porta di nascosto i verbali a Davigo che è autorevole consigliere del Csm. Davigo, a quanto risulta, parla del contenuto di quei documenti con diverse persone e li affida a Contrafatto. Lei, la cui abitazione è stata perquisita, viene colta da furia iconoclasta e diffonde quei veleni.
Ora la procura di Roma chiederà spiegazioni a Davigo. Non è l'unico modo da sciogliere in una sequenza di episodi ora sotto la lente d'ingrandimento di tre procure. Sì, perché all'inerzia dei lunghi mesi in cui quelle deposizioni sono rimaste - salvo nuove rivelazioni - nelle mani del trio Storari-Davigo-Contrafatto, ora da Nord a Sud altri pm vogliono capire. Brescia, competente sull'azione dei colleghi di rito ambrosiano, ha appena aperto un fascicolo che si somma a quello di Roma, chiamata ad esplorare e decifrare la fuga di notizie, e al terzo di Perugia. Milano nei mesi scorsi, grazie anche all'intervento del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi a sua volta sollecitato proprio da Davigo, si è liberata dell'assai improbabile loggia segreta accennata da Amara e ha trasmesso i faldoni all'ufficio guidato da Raffaele Cantone. C'è il rischio naturalmente di accavallamenti e sovrapposizioni ma è anche il momento per chiarire una volta per tutte le affermazioni di Amara e di sgombrare il campo da equivoci imbarazzanti, in un cortocircuito che toglie il fiato. Il Corvo aveva spedito quei verbali velenosi anche a un altro consigliere del Csm, Nino Di Matteo, e Di Matteo nei giorni scorsi ci ha messo un attimo a definire «calunnie e diffamazioni» i passaggi di Amara che infangavano un altro consigliere del Csm, Sebastiano Ardita, compagno di Davigo nella corrente Autonomia e indipendenza prima di rompere, maligna coincidenza, ogni rapporto.
Davigo invece ha tenuto un'altra linea e ora si attendono chiarimenti.
Qualcuno ritiene che per connessione il procedimento romano possa finire a Perugia, ma la questione è controversa. E intanto, nel groviglio di indagini e controlli, il pg di Milano Francesca Nanni chiede una relazione a Greco.
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