"Così diventarono amici papà Bettino e Berlusconi"

Stefania Craxi racconta il padre con tanti aneddoti: "Condividevano l'idea di modernizzazione del Paese"

"Così diventarono amici papà Bettino e Berlusconi"
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«Questo volume nasce da un moto dell'animo. Racconta un pezzo della mia storia, il mio Craxi, un padre difficile e straordinario, e, vagando tra i ricordi, narra le vicende della nostra famiglia, una famiglia allargata a una piccola, grande comunità politica e di amici che per anni ha condiviso tutto». È questo, in sintesi, «All'ombra della storia. La mia vita tra politica e affetti», il nuovo libro di Stefania Craxi. Qui, per gentile concessione dell'editore Piemme, pubblichiamo un estratto.

Una sera vidi spuntare un amico nuovo a cui piacevano le canzoni francesi. Era stato presentato a mio padre da una conoscenza comune, brillava per la sua simpatia e intelligenza, aveva da poco costruito un quartiere all'avanguardia e a dimensione d'uomo non lontano da Linate, ma gli frullava un'altra idea per la testa. A Bettino piacque, era un uomo del fare tipicamente lombardo e che per di più si era fatto da solo, e gli piacque la sua idea, importare in Italia la televisione privata sul modello americano. Craxi capì subito le potenzialità di quell'idea, che avrebbe ampliato l'offerta informativa creando così nuovi spazi di libertà, intuendo anche che sarebbe stata un volano formidabile di sviluppo per quelle centinaia di migliaia di piccole e medie imprese che stavano nascendo come funghi sulle statali del Paese, costituendo quel tessuto formidabile per il made in Italy che Craxi contribuì a imporre nel mondo.

Nacque una grande amicizia nutrita di momenti spensierati. Ho il ricordo di vacanze passate insieme ad Hammamet e a St. Moritz e di tante domeniche allietate dalla vena istrionica di Berlusconi e dalla simpatia bonaria di Fedele Confalonieri, a cui mi lega un sentimento di affetto. Assistemmo all'inizio della storia con Veronica che piacque talmente tanto a mia madre che a forza di insistenze convinse Silvio a sposarla. Mio padre e mia madre furono i loro testimoni di nozze. Una volta capitò che a St. Moritz, Gianni Agnelli, che era venuto a sapere della presenza del presidente del Consiglio, si precipitò a casa di Berlusconi per incontrarlo. Mio padre era uscito e quando Silvio provò a richiamarlo si sentì rispondere: «Dì all'avvocato che sono andato a fare una passeggiata». In lui era forte il senso del primato della politica. Era il rapporto di due famiglie che si frequentavano con gli amici, i figli e le mogli e che insieme stavano bene. Quell'amicizia si nutriva anche della condivisione di un progetto modernizzatore del Paese e da un'idea di libertà che ne avrebbe spinto lo sviluppo. Anche su questa amicizia si sono tentate le più diverse mistificazioni. Si raccontò che Berlusconi aveva realizzato Milano 2 e Milano 3 con i soldi della mafia e che Craxi lo aiutava perché erano soci occulti, e altre simili amenità. La verità è molto semplice: è vero che Craxi sostenne l'idea di Berlusconi di creare una televisione privata in Italia, e vorrei ricordare che altri ci provarono, da Mondadori a Tanzi, ma solo lui ebbe successo. E lo fece per alcune ottime ragioni. Craxi vedeva in Berlusconi un vero imprenditore, di quelli che hanno idee e capacità di realizzarle, e intravedeva nel suo progetto tutti gli effetti positivi che poteva avere sulla società italiana.

Era un fattore di pluralismo politico, si sarebbero moltiplicate le opportunità di informazione, e sarebbe stato un volano straordinario per il sistema di piccole e medie aziende che avrebbero potuto finalmente usufruire di una finestra per la loro pubblicità, dato che in Rai gli spazi erano contingentati e occupati sempre dalle stesse grandi aziende. Ci videro bene, l'uno e l'altro, e ne nacque un sodalizio amicale sincero che durò molti anni e che ha legato le nostre famiglie in modo indissolubile sino a oggi.

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