L’aria da monaco trappista, sempre occupatissimo a fare qualcosa di importantissimo, altissimo, urgentissimo che tu, uomo qualunque, non potresti capire nemmeno se te lo spiegasse. Impegnato nel digiuno a staffetta per sostenere l’approvazione dello ius soli. Noto per la sua fallimentare idea di regionalizzare la riscossione tributaria.
Fatto sta che, quando si parla del ministro delle Infrastrutture e trasporti Graziano Delrio, non si parla mai di Graziano Delrio come ministro delle Infrastrutture e trasporti. Se ne parla sempre in quanto ministro renziano, ministro cattocomunista (nel senso di giudizio di merito, non di valore) o ministro emiliano.
Ma in quanto «ministro», come se la cava Delrio? A questa domanda ha risposto un approfondito studio della Banca d’Italia che ha analizzato i dati sugli investimenti infrastrutturali italiani. Tenersi forte. Il sito di datajournalism Truenumbers.it ha estrapolato dallo studio di Bankitalia i numeri più interessanti e il primo risultato è che gli investimenti infrastrutturali di importo superiore ai 40mila euro, in Italia sono calati da 27,3 miliardi del 2014 a 24 nel 2015 e il 92% di questi 24 miliardi è stato speso in opere del valore inferiore a un milione di euro.
In rapporto al Pil, come mostra il grafico in queste pagine, il calo degli investimenti nel 2015 rispetto al 2014 è stato dello 0,2% (dall’1,7% all’1,5%) pur in presenza, questo è il punto, di un aumento del Pil stesso. Ovvero: alla crescita dell’economia italiana (+0,8% nel 2015) non sono corrisposti maggiori investimenti pubblici, come ci si sarebbe dovuto aspettare. E nessuno dei tre quadrimestri del 2016 ha visto investimenti superiori rispetto ai corrispondenti quadrimestri dell’anno precedente.
Il motivo è l’entrata in vigore del nuovo Codice degli Appalti il 19 aprile 2016? Bella domanda. Bankitalia risponde: forse che sì, forse che no. Vabbè, ma questo è niente. Il fatto grave è che il governo allora guidato da Matteo Renzi ha rinunciato ad investire non solo nelle grandi opere (ricordate: «Faremo il ponte sullo Stretto»?), ma anche a quelle medie e medio piccole. Bankitalia, infatti, ha suddiviso il valore totale degli appalti per importo degli stessi e il risultato è che nel 2016 è aumentato il valore degli appalti di importo fino a 150mila euro, mentre tutti gli altri sono calati. Significa che l’Italia ha investito per sostituire delle grondaie nei palazzi pubblici, ha eliminato qualche barriera architettonica, ma ha fatto crollare gli investimenti compresi tra 1 milione e 5,2 milioni di ben il 54,5%. Più che lavori pubblici questi sono lavoretti pubblici, che saranno anche utili e necessari, urgenti, ma non sono certamente «strategici».
E il gap infrastrutturale italiano rispetto all’Europa (e del Sud rispetto al Nord) si allarga: tra il 2009 e il 2015 il valore della spesa pubblica in opere pubbliche si è ridotta dal 3,4% al 2,2% rispetto al Pil. Vabbè, ma questo è niente. Guardiamo un altro indicatore: i tempi di realizzazione delle opere pubbliche. Come mostra il grafico in queste pagine, per completare un’opera pubblica del valore di 100 milioni occorrono qualcosa come 14,5 anni. Si scende a 6,6 per le opere di valore compreso tra i 2 e i 5 milioni e a 5 anni per quelle di importo tra i 500mila e il milione di euro. Ma il dato davvero sconcertante è che per realizzare un’operetta pubblica di valore inferiore ai 100mila euro occorrono ben 2,9 anni. Ogni commento è superfluo. Eppure in qualsiasi documento pubblico non si manca mai di citare «investimenti strategici», «grandi opere» e via supercazzolando.
Per esempio: nelle leggi di stabilità del 2016 e 2017 il governo ha stanziato 100 miliardi di investimenti per i prossimi 15 anni. Ma, come abbiamo visto, sono chiacchiere. La verità è che l’elenco delle opere pubbliche inserite all’interno della legge Obiettivo (ora abolita), che comprende le più urgenti e importanti, conteneva ben 418 interventi per un valore di 362 miliardi, ma il ministero delle Operette Pubbliche aveva stanziato un importo pari alla metà di quello che lui stesso dice sarebbe servito per finanziarle tutte. Il risultato è che alla fine del 2015 di quelle 418 opere ne erano state finanziate solo il 10% (!) in termini di valore e il 31% in termini di numero di lotti. Due note a margine: prima, nel 2016 gli investimenti privati sono aumentati del 4,7% e quelli pubblici sono calati del 4,5%.
Seconda: secondo l’Ance dei 624 milioni di investimenti pubblici previsti per quest’anno si riusciranno a spendere solo 100 milioni. Ecco, questa è la sintesi del lavoro di Graziano Delrio, ministro delle operette pubbliche.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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