Cospito evoca il martirio: hanno deciso di tumularmi

L'anarchico torna a parlare tramite il suo legale "Scontato che l'esito della vicenda sia la sua fine"

Cospito evoca il martirio: hanno deciso di tumularmi

Il caso di Alfredo Cospito non è finito. Il «no» di Nordio all'istanza di revoca del 41bis per il detenuto anarchico non chiude la questione, e di fronte alle motivazioni della decisione del Guardasigilli, Flavio Rossi Albertini, legale del leader della Fai, ostenta pessimismo a 360 gradi. Fino al punto di immaginare come «scontato» che «l'esito di questa vicenda sia la fine di Cospito». Il tutto alla vigilia della visita, prevista per oggi nel carcere milanese di Opera, del medico dell'anarchico in sciopero della fame da 110 giorni, che potrebbe certificare l'allarme sulle condizioni sanitarie dell'uomo.

Ma proprio sulla «non malattia» dell'anarchico si sofferma la relazione sul caso firmata dal ministro della Giustizia. «Si è in presenza spiega il Guardasigilli non già di una persona affetta da una patologia cronica invalidante, ma di un soggetto sano e lucido che si sta volontariamente procurando uno stato di salute precario per finalità ideologiche, perseverando nella sua condotta nonostante i reiterati inviti da parte dell'autorità sanitaria a desistere dal mantenere tale condotta autolesionistica». Insomma, Cospito non è malato, ma ha scelto di farsi del male con lo sciopero della fame. Che è una forma di protesta «tradizionalmente non violenta», prosegue Nordio, mentre per Cospito ha assunto un significato assolutamente opposto. La dimostrazione la si trae da una frase pronunciata da Cospito: il corpo è la mia arma». E dunque il corpo di Cospito, duramente provato dallo sciopero della fame, per il ministro è divenuto «il catalizzatore che serviva all'azione strategica del detenuto che chiedeva unità di intenti e obiettivi pur lasciando a ciascuna formazione la libertà e l'autodeterminazione in relazione alla tipologia di atti da compiere». Tanto che gli appelli di Cospito, spiega ancora la relazione, «si sono trasformati in un'onda d'urto propagatasi sul territorio nazionale e all'estero».

«Vi ringrazio, me l'aspettavo. Hanno deciso di tumularmi dentro questo sarcofago di cemento», commenta Cospito per bocca del suo legale. Che dopo il «no» di Nordio parte al contrattacco con una conferenza stampa alla Camera. Smentendo, per cominciare, il «legame tra mafia e anarchici» come conseguenza dei rapporti di Cospito con i boss di mafia, ndrangheta e camorra a Sassari, un collegamento che per l'avvocato è «strumentale». Quanto alle condizioni di salute del suo assistito, non c'è un punto di incontro con quanto denunciato dal Guardasigilli, anzi. «Smetterà lo sciopero della fame solo quando uscirà dal regime del 41-bis», taglia corto il legale, spiegando che non ci sono margini per un passo indietro, tanto che Cospito stando all'avvocato nemmeno «accetterebbe una sospensione» del 41 bis. Alla linea della fermezza del governo, insomma, sembra rispondere una linea dura dell'anarchico, intenzionato a non mollare il suo braccio di ferro. Il legale esclude appelli al capo dello Stato o al Papa, anche se annuncia comunque ricorso contro la decisione del ministro, ma «siamo consapevoli aggiunge - che sarà uno strumento spuntato». Anche quanto all'udienza in Cassazione del 24 febbraio, insiste Rossi Albertini, «tutto, dalla narrazione del pericolo al partito della fermezza, fa propendere per il peggio». Infine, il lugubre vaticinio sul più infausto degli esiti della vicenda, la morte dell'anarchico, che per l'avvocato «è quasi scontato»: «Sono settimane che considero imminente il tracollo. Cospito dimostra di avere una tempra particolarmente forte, anche a sentire i medici, ma che l'esito di questa vicenda sia la fine di Cospito mi sembra scontato».

Intanto il ministero della Giustizia, con una nota a firma del Capo di Gabinetto, ha inviato al comitato nazionale di bioetica un quesito sulle disposizioni

anticipate di trattamento, qualora arrivino da un detenuto che in modo volontario abbia deciso di porsi in una condizione di rischio per la salute e che indichi il rifiuto o la rinuncia ad interventi sanitari anche salvavita.

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