Può un errore di persona distruggere la carriera politica di un uomo? Nel caso di António Costa sì. L'ex premier portoghese, leader del Psoe, è stato costretto a dimettersi a causa del suo coinvolgimento in un'indagine legata a presunti favoritismi nell'assegnazione di appalti sulla transizione ecologica. Ma la Cnn ha rivelato, e molti media portoghesi hanno confermato, che il Costa citato in un'intercettazione ambientale non è il presidente del consiglio, ma un suo quasi omonimo, António Costa Silva, ministro dell'Economia del suo governo.
Insomma, il Costa vero, il premier, aveva ragione quando, all'indomani delle notizie sul suo coinvolgimento nell'indagine Influencer, così rassicurava i suoi elettori: «Sono fiducioso nel funzionamento della giustizia e voglio dire ai portoghesi, guardandoli negli occhi, che non ho sulla mia coscienza il peso di nessun atto illecito». Lui è probabilmente estraneo alla vicenda, ma il suo governo di centrosinistra avrebbe comunque perso di credibilità nella brutta faccenda. E la decisione del presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa di sciogliere il parlamento e anticipare le elezioni generali al prossimo 10 marzo appare comunque la soluzione migliore per dare al Portogallo «un governo con visione di futuro».
Insomma, l'errore di persona scagiona il Costa uomo, non il Costa a capo di un governo sporcato dai sospetti della corruzione. L'indagine aperta dalla Procura di Lisbona, riguarda presunte pressioni di vari esponenti dell'esecutivo per sbloccare, nel 2019, le concessioni del consorzio formato dalle imprese Edp, Galp e Ren per la produzione di elettricità, tramite l'utilizzo di idrogeno, in un impianto di Sines, località portuale a sud di Lisbona, dove dovrebbe sorgere uno dei più grandi data center europei alimentati al 100 per cento da energia verde, realizzato dalla Start Campus. Un business da 3,5 miliardi di investimenti e migliaia di posti di lavoro.
Nell'inchiesta, oltre al Costa sbagliato, sono coinvolti tra gli altri il ministro delle Infrastrutture, Joao Galamba, e il presidente dell'Agenzia portoghese per l'ambiente Nuno Lacasta. A tirare in ballo il premier è stata una conversazione telefonica tra Diogo Lacerda Machado e Afonso Salema, rispettivamente consulente e amministratore di Start Campus, nella quale i due ragionano su chi fare pressioni per ottenere dalla Commissione europea un cambiamento di codice di attività economica per il data center in costruzione e si citano due ministri, quello delle Finanze Fernando Medina e quello dell'Economia omonimo del premier.
Nell'intercettazione si sentirebbe chiaramente anche il secondo cognome, Costa, evidementemente sfuggito agli inquirenti. Un errore che il premier ha pagato con le dimissioni e con lo sbianchettamento di uno degli ultimi governi a guida socialista dell'Europa.
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