Il bipolarismo resta. Sì, ma anche no. «Non c'è dubbio che questo modello sia il migliore nel migliore dei mondi possibili - afferma Gianfranco Micciché, volto storico di Forza Italia, ex ministro della coesione territoriale e oggi Presidente dell'assemblea regionale siciliana - ma ha un grave difetto: non si adatta alla nostra realtà. L'Italia non accetta il sistema maggioritario e il bipolarismo caro a Silvio Berlusconi».
Presidente Miccichè, Berlusconi ha spiegato ieri sul Corriere della sera l'attualità di un modello che pure ha mostrato, come lui stesso riconosce, i suoi limiti.
«Non c'è dubbio che l'intuizione con cui Berlusconi è sceso in campo nel 94 abbia spinto in avanti il Paese, allineandolo alle altre grandi democrazie europee. Ma alla prova dei fatti nessuno riesce a governare con questi meccanismi».
È la demonizzazione dell'avversario, evocata proprio dal Cavaliere nel suo intervento.
«È inutile girarci intorno: le coalizioni si sfasciano, gli alleati tradiscono, gli avvisi di garanzia hanno segnato questi decenni. A destra o a sinistra non fa differenza».
E allora, cosa conviene fare?
«Io credo che al momento la soluzione migliore per il paese sia Draghi e il modello Draghi».
Un governo di tutti?
«Esatto».
Ma la stagione dell'unità nazionale non è destinata a concludersi?
«Spero di no. Spero che Mattarella resti al Quirinale, in proroga, e che Draghi possa continuare la sua opera».
Ma se dovesse traslocare al Quirinale?
«La formula deve rimanere la stessa, tutti insieme, con una legge proporzionale per regolare il voto. Il maggioritario in questo momento non va bene».
Perché?
«Perché prima dobbiamo pacificare il Paese. Un governo di unità è la chiave per traghettare l'Italia verso il futuro. La prossima legislatura può essere quella decisiva per mettere mano alla Costituzione e quindi al governo, alla forma dello Stato, e naturalmente alla giustizia. Ma ci vuole un cambiamento: da troppo tempo i governi e le coalizioni vengono abbattuti, pensiamo alla caduta di Berlusconi e poi di Prodi a causa di inchieste. È inutile ragionare su scenari diversi che vanno bene nei corsi universitari ma che sul campo si rivelano astratti».
Davvero, non ci sono alternative?
«Guardi, credo che alle prossime elezioni io col centrodestra potrei stravincere in Sicilia, ma non voglio confezionare una legge per celebrare il nostro annunciato trionfo, vorrei dare al Paese un timone e la rotta. Vorrei una svolta, non ripetere i successi del passato, il famoso 61 a 0 del 2001, per poi essere azzoppato al primo tornante».
Davvero non c' è alternativa al proporzionale?
«Ripeto, dobbiamo darci uno spirito costituente e l'unica strada è quella del proporzionale. A quel punto potremo ridisegnare la Carta e mettere mano a quel che non va».
Un paradosso?
«Si, tutti insieme, per poi tornare alle due coalizioni che si fronteggiano. Ma oggi il contesto è un altro».
Sicuro?
«La Meloni resta all'opposizione. Preferisce coltivare un'alleanza con le destre europee. Figurarsi un partito unico, come quello immaginato dal Cavaliere».
Sull'altro versante?
«È molto difficile immaginare una coalizione strutturata fra Pd e 5 Stelle».
Dobbiamo procedere per tappe?
«Esatto. Diamo voce a tutti per cambiare tutti insieme le regole del gioco. A quel punto l'Italia sarà un Paese maturo e potrà anche pensare al maggioritario».
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