Il rovescio delle medaglie. Chissà se dalle parti del Foro Italico, sede del Coni, qualcuno avrà pensato: anche meno. La pioggia di metalli pesanti caduta sulla testa dello sport italiano, in particolare in questa seconda settimana ruggente (e pensare che un tempo la nostra riserva di caccia era la prima settimana, territorio di pistolettari, judoka, al massimo qualche ranista), ha infatti un suo costo. Il conto ammonta (finora) a 6,6 milioni di euro. Il totale dei premi spettanti a tutti gli atleti che sono saliti sul podio con la mascherina e la tuta di Armani che spopola nei meme per la somiglianza del logo tricolore al formaggetto Babybell.
Il Paese più generoso con i propri olimpionici è Singapore, che «paga» un milione di dollari ogni oro. Bella forza, a Tokyo i singaporiani non hanno vinto nemmeno una medaglia e in tutta la loro storia olimpica ne hanno conquistate appena cinque, delle quali solo una d'oro (il nuotatore Joseph Schooling nei 100 farfalla a Rio). Seguono Indonesia, Kazakhstan e Azerbaigian (sedici medaglie in tre e un solo oro), E al quinto posto nella classifica della munificenza ecco l'Italia: 180mila euro per l'oro, 90mila euro per l'argento e 60mila per il bronzo. Tariffe aumentate del 20 per cento rispetto a Rio 2016, per «premiare i sacrifici fatti in questi anni difficili», ha detto Giovanni Malagò, padrone dello sport italiano spiegando il caro-podio. Va considerato peraltro che il premio non va diviso per la squadra, ma va intero a ogni atleta. Così la 4x100 che ieri ci ha fatto perdere la voce incasserà 720mila euro, così come il quartetto dell'inseguimento a squadre maschile del ciclismo su pista. Invece Federica Cesarini e Valentina Rodini del due di coppia di canottaggio fatturano 360mila euro (e meno male che sono pesi leggeri) come Caterina Banti e Ruggero Tita che hanno trionfato nella classe Nacra 17 della vela. Certi contabili poco romantici potrebbero quasi gioire della Caporetto delle nazionali degli sport di squadra, tutte ben lontane dal podio.
A Rio l'argento della pallanuoto femminile (in rosa tredici ragazze) presentò un conto di 975mila euro al Coni. E i dodici pallavolisti della nazionale maschile che arrivarono secondi costarono ai contribuenti 900mila euro.
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