Cremlino, diktat al fondo sovrano: spendere in Borsa

Solo 33 titoli in contrattazione, mercato fermo. Il National Wealth Fund "usa" 10 miliardi

Cremlino, diktat al fondo sovrano: spendere in Borsa

Come diceva un vecchio slogan, la fiducia è una cosa seria. È uno dei principi fondanti del libero mercato e s'accoppia con la certezza delle regole. In Russia, dove di libero non c'è più nulla, le regole sono come il pongo: si plasmano alla bisogna. È la filosofia del marchese del Grillo, il «io so' io e voi non siete un c» con una spruzzata di vodka. Uno stile esistenziale palesato mercoledì con l'intenzione di rendere carta straccia i contratti in euro e dollari per la vendita di gas e applicato ora alla Borsa di Mosca. Dopo il sipario calato sugli scambi il 28 febbraio scorso con la picchiata del 33%, l'indice Moex si è rimesso ieri in moto emettendo scricchiolii sinistri di quel poco che resta del capitalismo in salsa russa. Il rialzo del 4,5% dopo un'arrampicata di oltre l'11% non inganni: è uno specchio che riflette un'immagine deformata, dietro la quale si disvela un mercato artificiale, tenuto in piedi gettando nella mischia il National Wealth Fund. Una sorta di agnello sacrificale «invitato» dal Cremlino a immolarsi nonostante il febbraio nerissimo appena lasciato alle spalle, costato al fondo sovrano 6,8 miliardi di dollari e un crollo del proprio valore a 131 miliardi.

L'ordine impartito, uno solo: evitare l'avvitamento degli appena 33 titoli ammessi alle contrattazioni, non senza aver prima impedito ogni tipo di speculazione (a cominciare dalle vendite allo scoperto) e fatto terra bruciata attorno agli investitori stranieri, pronti a scappar via. La prudenza, si sa, non è mai troppa. Missione però solo parzialmente compiuta. A parte le compagnie petrolifere come Lukoil e Gazprom, tenute in piedi dal greggio oltre i 120 dollari al barile, ben pochi titoli sono rimasti sopra la linea di galleggiamento. Vorticoso il passar di mano delle azioni: ben 130 miliardi, contro una media di 73,5 miliardi al giorno nell'ultimo anno prima dell'invasione dell'Ucraina. Cifre che danno la misura dello sforzo compiuto dal National Wealth Fund per tappare i buchi. In soldoni, 10 miliardi di dollari messi sul piatto.

Al vetriolo il commento della Casa Bianca: «È una farsa, una Borsa Potiomkin», con riferimento ai falsi

villaggi di cartapesta che, secondo la leggenda, l'omonimo principe fece costruire per impressionare l'imperatrice - e sua amante - Caterina II. Ma, forse più prosaicamente, si può anche intendere come «una cagata pazzesca».

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