«La via croata all'islam? Bandire gli estremismi»

Il Gran Mufti: «Sto con chi vuole vietare il burqa. E prendo sempre posizione contro l'Isis»

Gian Micalessin

Rimini «Se qualcuno in Europa vuole vietare burqa e niqab sto con lui. Non hanno nulla a che vedere con la nostra religione. L'Islam richiede alle donne l'uso dell'hijab, ovvero del velo, ma non pretende che si coprano il volto». Il Gran Mufti di Croazia Haziz Hasanovic, 51 anni, è al Meeting di Rimini per spiegare la «via croata» all'Islam. Una via assai più retta di quella di tante comunità islamiche italiane ambigue o titubanti nello smarcarsi dall'Islam radicale. Eppure la storia di Hasanovic s'intreccia con quell'intolleranza etnico religiosa che negli anni '90 spinge musulmani, serbi e croati della ex Jugoslavia a massacrarsi a vicenda. Originario di Srebrenica Hazanovic conta ben 38 familiari tra le vittime di quel massacro che nel '95 segna l'apice degli orrori bosniaci. Oggi questo Gran Mufti è, invece, un pilastro della convivenza croata. «Alla base di tutto spiega il Gran Muftì a il Giornale c'è un patto con lo stato Croato che riconosce ufficialmente la nostra religione. I matrimoni islamici sono parificati a quelli civili mentre la religione islamica può essere insegnata nelle scuole. In cambio garantiamo l'adesione alle regole dello Stato e della nazione in cui viviamo e il controllo di quello che avviene nelle moschee dove si predica sempre in lingua croata».

Sicuro che tutti si adeguino?

«La Croazia è l'unico paese dei Balcani in cui nessun musulmano ha aderito all'Isis. Questo perché la comunità islamica è unica ed unita sotto un solo capo. Come Gran Mufti sono garante e responsabile di tutte le questioni musulmane e la mia comunità lavora con lo Stato per garantire pace e sicurezza. Siamo solo l'1,5% della popolazione, ma consideriamo la Croazia la nostra patria e insegniamo ai fedeli che amare la patria è parte della fede».

Nel Corano decine di «shure» invitano alla violenza...

«Io ho prendo continuamente posizione contro il terrorismo e contro l'Isis spiegando che sono, prima di tutto, i nemici di noi musulmani. I loro atti non fanno parte dell'Islam. Un vero musulmano non può neppure pensare di uccidere nel nome di Dio».

Non sarebbe meglio indicare le parti non più attuali utilizzate per giustificare la violenza?

«Il Corano non possiamo cambiarlo, è la parola di Dio. Va però interpretato in base alle circostanze in cui viviamo. Spetta al Gran Mufti garantirne la giusta interpretazione privilegiando le strade della pace. Io invito sempre a studiare il Corano adeguandolo all'attualità. Solo le correnti religiose più chiuse lo interpretano come al tempo del Profeta. Per questo la scelta degli imam da parte di un'autorità religiosa che lavora con lo Stato è fondamentale».

Nei Balcani l'Islam radicale si diffonde grazie alle moschee finanziate dalle monarchie wahabite di Arabia Saudita e Qatar. Succede anche in Croazia?

«I finanziamenti passano attraverso il mio ufficio e sono sotto il mio controllo perché io ne rispondo davanti a governo e comunità. Ma la trasparenza dei finanziamenti non è sufficiente. La questione più importante è la proprietà e il controllo dei centri islamici. Da noi non spettano a chi li costruisce o li finanzia, ma alla comunità».

Ma chi paga può pretendere di scegliere l'Imam...

In Kosovo Albania e Bosnia, e forse anche in Italia, succede...

«Da noi no. Solo il mio ufficio decide chi predica e chi fa l'Imam. Chi non accetta queste regole può fare a meno di finanziarci. Su questo non accettiamo deroghe».

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