Dai servizi ad Almasri, il piano contro l'Italia. E una giudice dell'Aja: "Corte incompetente"

Trame per indebolire il Paese "troppo forte". Spunta il no di una toga sull'arresto del libico

Dai servizi ad Almasri, il piano contro l'Italia. E una giudice dell'Aja: "Corte incompetente"
00:00 00:00

Attacco all'Italia, al ruolo e agli interessi strategici in Libia con metodi «sporchi». E a Giorgia Meloni, troppo stabile, troppo influente, troppo forte in Europa e troppo vicina al nuovo presidente americano. «In prima battuta c'è un disegno, una strategia, per mettere in crisi le relazioni fra Roma e Tripoli, ma danno fastidio anche la stabilità del governo italiano e le iniziative in Africa e Medio Oriente» spiega una fonte qualificata. Il Giornale è in grado di ricostruire il piano contro l'Italia e il governo. La fase 1 è stata la trappola Almasri, che coinvolge la Germania e la Corte penale internazionale. La fase 2, è una campagna, in atto, via Telegram e social dove vengono postati da un attivista libico, che si trova in Svezia, documenti riservati della Procura generale di Tripoli su presunti contatti dei nostri servizi con i trafficanti di uomini dal 2017 (governo Gentiloni). E sono state pubblicate pure le fotocopie dei passaporti diplomatici con foto, nome e cognome di agenti italiani, compreso quello di Giovanni Caravelli, capo dell'Aise, l'intelligence estera. L'avviso di garanzia a mezzo governo è uno dei «danni collaterali» del piano per screditare l'Italia, che fa leva sulla «maionese impazzita» delle nostre beghe e conflitti interni. La terza fase, che potrebbe continuare a singhiozzo, sono i picchi di partenze dei barconi a gennaio dalla Tripolitania, favorite da alcune vecchie conoscenze dell'Italia, come il capo milizia di Sabrata e super trafficante di esseri umani Ahmad Dabbashi, detto «Al Ammu», lo zio. Una parte della posta in gioco riguarda le nuove esplorazioni di grandi giacimenti petroliferi che dovrebbero venire affidati ad un consorzio con l'Eni capofila a discapito della Total francese. Dietro le quinte del piano anti Italia si sospetta che ci siano interessi di paesi europei e non «difesi» dalle rispettive intelligence.

La trappola dell'arresto a Torino di Osama Najim Almasri registra inquietanti novità. Il generale libico, dopo aver girato una dozzina di giorni per mezza Europa (Inghilterra, Francia, Belgio e Germania) viene fermato il 15 gennaio per un controllo, di routine o no, lungo la strada verso Monaco. Un suo collaboratore ha noleggiato una macchina a Bonn dichiarando di volerla restituire a Fiumicino il 20 gennaio. Almasri era già stato inserito il 10 luglio 2024, 3 mesi prima della chiusura dell'inchiesta della Corte internazionale, nella cosiddetta «blue notice» dell'Interpol visibile solo alla polizia tedesca, che prevede di informare subito L'Aja su qualsiasi movimento dell'individuo segnalato. Dal 4 novembre 2024 i tedeschi hanno registrato il generale libico nella loro banca dati. Questo significa che al momento del fermo gli agenti vedono subito la «blue notice» e informano la Corte. Appena il 18 gennaio la nota blu viene estesa dalla Corte de L'Aja a Belgio, Regno Unito, Austria, Svizzera e Francia, ma non all'Italia dove i tedeschi sapevano che si era diretto Almasri. Solo alle 22.55 del 18 gennaio la Corte chiede all'Interpol di sostituire la blue notice con quella rossa, che arriva anche all'Italia. E alle tre del mattino del 19 gennaio, quando Almasri sta dormendo a Torino, l'Interpol conferma la richiesta di arresto della Corte. L'altro aspetto incredibile è che il mandato di cattura, pronto in ottobre, ma convalidato il 18 gennaio omette di specificare che la giudice messicana, Maria del Socorro Flores Liera, aveva votato contro l'arresto rispetto agli altri due magistrati. Un aspetto rilevante, per il meccanismo di approvazione o meno della consegna del ricercato a L'Aja, che viene aggiunto appena il 24 gennaio, quando Almasri è già stato rimandato a Tripoli. Nella nuova copia del mandato di cattura fornita all'Italia la giudice lo contesta in 17 punti e al quarto scrive: «Anche se i presunti crimini sono gravi e giustificano un'indagine e un processo da parte delle autorità competenti () non sono d'accordo con i miei colleghi nella misura in cui concludono che la Corte ha giurisdizione per giudicare questi crimini». E ancora: «Sembra che ci sia uno sforzo per forzare un collegamento con gli eventi che hanno attivato la giurisdizione della Corte (la rivolta in Libia contro Gheddafi del 2011 nda).

Non posso essere d'accordo con un approccio del genere, che non trova fondamento nel particolare deferimento del Consiglio di Sicurezza, nel quadro giuridico della Corte o nel diritto internazionale più in generale.

(1-continua)

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica