Dalle Clarks al vinile Ecco il kit perfetto del finto intellettuale

La lista semiseria pubblicata dal sito «ledieci» per chi vuole sembrare una persona impegnata

Dalle Clarks al vinile Ecco il kit perfetto del finto intellettuale

Per essere un intellettuale - c'è poco da fare - prima di tutto ci vorrebbe un intelletto. Magari sopraffino. Ma c'è un piccolo particolare: trattasi di articolo che non si acquista in nessun negozio, anzi in nessuno store . È un po' come in quella pubblicità della carta di credito, che compra tutto il resto. Non un QI sopra i 130.

E allora? Allora ci si può accontentare di sembrare un intellettuale. Cioè, un intellettuale di sinistra. Perché in Italia - solo in Italia - le parole intellettuale (agge e sost. m. e f.) e destra (sost. f.) sono come un branzino al vapore e il Barbaresco: non stanno bene insieme, proprio no. Per sembrare impegnato la carta di credito di cui sopra serve eccome. Perché esiste un apposito kit di oggetti da atteggio. Li ha elencati il sito ledieci.net , che enciclopedizza l'universo attraverso delle «top ten» semiserie (si dice così, no?).

Lo start kit del pensatore simula un mondo alternativo, fatto di consumi fintamente consapevoli che architettano una vera liturgia di gesti artefatti. Un po' come il personaggio del primo Moretti, quello di Ecce Bombo , che invitato a una festa vive un dilemma narcistico: «Mi si nota di più se vengo e mi metto in disparte o se non vengo per niente?». L'importante è aver l'aria di chi sta cambiando il mondo, mentre pensa a cambiare la cover del telefonino.

Tra gli oggetti della lista di ledieci.net ci sono alcuni residui antimodernisti che spesso fanno spaccare dal ridere: perché usare la macchina fotografica digitale (usata spesso anche da professionisti) quando si può andare in giro a ritrarre il mondo con la pesante, scomoda e pesante Reflex, che fa tanto Henri Cartier-Bresson? Perché metter su un cd o addirittura scaricare musica da Spotify quando ci sono quei bellissimi nuovissimi vinili che attirano la polvere ma fanno tanto io-amo-la-musica-vera-non-come-voi-che-la mercificate-soltanto? E perché acquistare delle sigarette quando ci si può arrotolare del tabacco, che almeno tra un pensiero e l'altro si passa il tempo e si usano anche quegli strani oggetti chiamati mani?

Altri status symbol della testa d'uovo sono: se c'è da camminare le Clarks, non sia mai si incontrasse un deserto; se c'è da scrivere la Moleskine, anche se quella originale costa dieci volte un taccuino analogo da Tiger che poi uno ci scrive solo latte-frollini-cavolfiori il giorno della spesa alla Esselunga (anzi, alla Coop, che Caprotti a quelli di sinistra sta antipatico); se c'è da andare su internet il Mac, perché il mondo Windows è da sfigati e «non si può dire computer se non si conosce il mondo Mac» (dicono sempre così: mondo Mac, qualsiasi cosa voglia dire); se c'è da muoversi la bicicletta, e pazienza se si arriva sudati e si rischia la vita sette volte al giorno; se c'è da leggere un libro, naturalmente, da portar in giro - ma chi legge per strada? - e dell'autore giusto, che sia «alto» ma noto, ché poi se no non c'è l'effettaccio. Altri due must have direttamente dagli anni Settanta sono il giornale che spunta dalla tasca posteriore del jeans (se è quello di sei giorni prima fa nulla, tanto mica sta lì per informarsi) e le toppe sulla giacca, a mimare una condizione economica precaria (ma in realtà queste giacche si comprano già rattoppate e costano pure di più). Che poi si potrebbe andare avanti a lungo.

Citiamo in ordine sparso: la sciarpa tipo kefiah, se di cachemire meglio ancora; la birra artigianale in pubblico, da degustare come uno Château Laffitte (a casa in frigo però c'è la pils del discount); kebab e falafel a tutto spiano, che fa tanto mondialismo gastronomico ma in realtà è solo junk food alla turca;

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