Riesplode lo scontro tra Polonia e Unione europea. Una tensione istituzionale che non si è mai sopita e che ieri ha raggiunto l'apice con la decisione di Bruxelles di avviare una procedura d'infrazione contro Varsavia. La motivazione? La Commissione europea è «gravemente preoccupata» dalle posizioni prese con due sentenze (il 14 luglio e il 7 ottobre di quest'anno) dalla Corte costituzionale polacca. In sintesi, la Consulta di Varsavia ha ritenuto i trattati della Ue incompatibili con la costituzione polacca, contestando proprio il primato del diritto europeo su quello nazionale. Di fatto, un primo passo per non rispettare le sentenze della Corte di giustizia Ue. A dare l'annuncio del nuovo braccio di ferro è stato il commissario Paolo Gentiloni, secondo il quale, la Polonia «ha violato i principi generali di autonomia, primazia e uniformità di applicazione delle norme Ue nonché del carattere vincolante delle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione». Per la Commissione Ue, i cittadini non possono essere pienamente tutelati davanti ai giudici polacchi e, inoltre, anche «la Corte Costituzionale non risponde più ai requisiti di indipendenza e imparzialità richieste dal Trattato». L'Unione europea, ha spiegato Gentiloni, «è una comunità di valori fondata sul diritto e i diritti degli europei devono essere protetti a prescindere da dove vivono». Prima di avviare la procedura d'infrazione «abbiamo cercato di dialogare» con Varsavia, ha poi aggiunto il commissario Ue alla giustizia, Didier Reynders, «ma la situazione non è migliorata». Per questo è stato deciso di inviare una lettera di messa in mora dando al governo due mesi per rispondere.
Pronta la risposta delle autorità polacche che hanno respinto al mittente le accuse. Il primo a replicare è stato il premier Mateusz Morawiecki, secondo il quale la Commissione Ue va oltre i suoi poteri: «La Commissione Ue interpreta impropriamente la separazione tra le competenze degli Stati e le strutture europee - ha detto -. La tendenza a sviluppare un centralismo burocratico da parte di Bruxelles purtroppo va avanti e bisogna fermarla». Ancora più duro il commento del viceministro della Giustizia, Sebastian Kaleta. La decisione presa a Bruxelles rappresenta «un attacco alla Costituzione polacca e alla nostra sovranità», ha affermato. Secondo Kaleta, la sentenza della Corte Ue è parte di «un'azione pianificata», sulla base della quale, la Commissione europea ha avviato la procedura d'infrazione, volendo così «subordinare la Corte costituzionale in Polonia al diritto dell'Ue».
Oltre all'indipendenza della magistratura e al rispetto dello stato di diritto, il conflitto tra Bruxelles e Varsavia si è esteso anche all'ambiente e ai fondi Ue. La Polonia si è rifiutata finora di pagare le multe della Corte Ue per non aver eliminato il tribunale disciplinare chiamato a decidere delle sorti dei magistrati e non aver chiuso una miniera di lignite. L'Unione europea, dal canto suo, tiene in ostaggio il Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) presentato da Varsavia già da tempo, ma mai approvato. E aspetta che la Corte di giustizia si pronunci sul ricorso presentato da Polonia e Ungheria contro le condizioni introdotte per la concessione dei fondi Ue, la cui erogazione è subordinata al rispetto dei principi fondamentali alla base dello stato di diritto.
Sullo sfondo rimane sempre la crisi degli immigrati che il regime bielorusso spinge verso la Polonia.
Varsavia ha deciso di costruire un muro di oltre 200 km sul confine e a Bruxelles, nonostante la solidarietà, qualcuno ha storto il naso. D'altronde, i paesi del gruppo Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) sul fronte immigrazione non sono in linea con la politica dell'Unione.
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