"Dem-grillini? Alleanza di potere. M5S diventerà di centro e perderà consensi"

Secondo Lorenzo Castellani, politologo e docente Luiss di Storia delle Istituzioni politiche, l'alleanza Pd-M5S nasce debole, come mera "alleanza di potere e di sistema" e impedire che il centrodestra a trazione leghista vada al governo

"Dem-grillini? Alleanza di potere.  M5S diventerà di centro e perderà consensi"

Quella tra Pd e M5S "è una pura alleanza di potere e di sistema". A sostenerlo a ilGiornale.it è Lorenzo Castellani, politologo e docente Luiss di Storia delle Istituzioni politiche, convinto che il nascente 'governo giallorosso' non sarà più omogeneo del precedente. Anzi c'è il rischio che possa far saltare anche "le poche note positive del passato, come l’estensione della cosiddetta flat-tax sulle partite IVA e i redditi medi".

Il governo giallorosso che sta per nascere, quindi, si poggia su basi politico-programmatiche più solide rispetto a quello gialloverde?

"Su alcuni argomenti come politiche fiscali, ambientalismo e lavoro c’è sicuramente maggiore vicinanza tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle di quanto ve ne fosse con la Lega. Più interessante mi sembra il rapporto che il nuovo governo avrà con le politiche del vecchio. Cosa faranno Pd e M5S con le politiche che sono state varate dall’esecutivo gialloverde? I democratici chiederanno di abolire politiche di spesa sociale come quota 100 e Reddito di Cittadinanza che hanno ampiamente criticato dai banchi dell’opposizione? Non credo, ed è anche improbabile che i Cinque Stelle vi rinuncino. Bisognerà vedere anche quale sarà l’atteggiamento rispetto ai decreti sicurezza e alle politiche sulle infrastrutture, su quest’ultimo punto i due partiti sembrano particolarmente distanti".

Il M5S ha, per sua natura, più affinità con una forza antisistema come la Lega o con una forza progressista come il PD?

"Paradossalmente la “alleanza dei barbari” era più facile rispetto a quella che si sta cercando faticosamente di inaugurare in questi giorni con il Pd. Matteo Salvini viene dalla politica della strada e da una lunga tradizione di un partito piccolo e territoriale, Luigi Di Maio dalla macchina dello spin del blog e dal movimento di protesta; sono creature nuove che non erano mai state iniziate prima al grande rito del potere nelle sue multiformi sfaccettature. Entrambi i partiti nel 2018 rappresentavano l’anti-sistema, l’avversione al patto del Nazareno, la rottura con la vecchia classe politica e sono stati l’espressione di un certo grado di euroscetticismo".

Eppure la nascita del primo governo Conte è stata alquanto laboriosa e turbolenta…

"L’approccio iniziale dei due partiti con le istituzioni è stato grottesco: Mattarella non ha accettato un ministro proposto dalla Lega (Paolo Savona all’Economia), i 5 Stelle ne hanno chiesto l’impeachment. In quella trattativa la frattura tra Paese legale e Paese reale, vecchi poteri ed uomini nuovi venne portata ai massimi livelli. Alla fine, nonostante le pressioni dell’establishment per una alleanza tra PD e 5 Stelle, i due barbari si sono messi insieme dando vita al governo Frankenstein. Un esecutivo male assortito, ma con una sua coerenza ideologica di fondo ossia quella di aver inaugurato il primo governo nazional-populista d’Europa".

E, invece, l’alleanza col Pd che effetti produrrà?

"Al contrario oggi il M5S sta per officiare un matrimonio con il Pd che, nella narrazione grillina, rappresenta il partito dell’establishment. I 5 Stelle saranno costretti a trasformarsi in un partito europeista di centro per governare con i democratici, ma a che prezzo elettorale?"

Al PD e al M5S basterà l'antisalvinismo come collante di un Conte-bis che dovrebbe durare fino alla fine della legislatura?

"Temo che sia molto difficile durare tre anni e mezzo. È vero che nessuno in questo Parlamento vuole tornare al voto, ma l’esecutivo che partirà sembra già estremamente debole. I partiti che lo compongono sono frammentati in correnti che hanno obiettivi diversi. Quello di Matteo Renzi, ad esempio, è fare una nuova legge elettorale e tornare presto al voto con un nuovo partito. Mentre un pezzo del Movimento 5 Stelle, quello che fa capo a Di Maio, Di Battista e Casaleggio, sta mal dirigendo questo nuovo patto di potere. La conventio ad excludendum verso Salvini e l’elezione del successore di Mattarella nel 2022 basteranno a tenere in piedi la legislatura? Sembra difficile, ma molto dipenderà anche dall’evoluzione del contesto economico ed internazionale".

Quella che sta per nascere, al netto delle diversità siderali che dividono esponenti come Di Battista dalla Boschi, può diventare un’alleanza politica? Quali sono gli obiettivi comuni che tengono insieme Pd e M5S?

"È una pura alleanza di potere e di sistema quella a cui stiamo assistendo. Gli obiettivi sono tre: salvare i posti in Parlamento e spartirsi le nomine nelle partecipate di Stato; far allineare l’Italia al governo europeista di Bruxelles e avvicinarlo a Francia e Germania; tenere il centrodestra lontano dal potere, o meglio eliminare la possibilità che una forza euroscettica come la Lega, fuori dalle famiglie che oggi governano l’Unione Europea, possa stravincere le elezioni anticipate".

L’amalgama tra “grullini” e ‘pidioti’, però, sembra un mix esplosivo sebbene la base elettorale dei due partiti abbia la stessa estrazione sociale...

"Le due basi storiche dei partiti restano incompatibili, ma in questa dinamica chi rischia di perdere di più è proprio il Movimento. È nato come partito dell’anti-politica e dell’anti-establishment, con forti venature euroscettiche ed oggi rischia di trasformarsi nella ruota di scorta del Partito Democratico, che ha combattuto negli ultimi dieci anni in quanto incarnazione del sistema, dei privilegi e delle corporazioni. È inevitabile che perderanno parecchi consensi tra gli elettori che o si rifugeranno nell’astensione o migreranno verso destra".

Si può sostenere che il governo gialloverde sia caduto anche perché M5s e Lega, viceversa, pur essendo due forze populiste e antisistema, rappresentano due istanze anche geograficamente opposte?

"C’è sicuramente del contrasto tra le due forze, tuttavia il governo gialloverde offriva rappresentanza al Sud e al Nord. C’erano degli attriti sulle politiche fiscali, sulla spesa sociale e sull’autonomia per questa diversa distribuzione territoriale dei voti tra le due forze, ma non era così fondamentale per la sopravvivenza del governo. Anche perché da tempo Matteo Salvini ha abbandonato la questione settentrionale. Quest’ultima, al contrario, mi pare si riproponga davanti al nascente governo giallorosso. La rappresentatività di Pd e Movimento 5 Stelle al di sopra del Po è molto scarsa. Cosa penseranno gli imprenditori, ed il loro ecosistema sociale, della parte più ricca e produttiva del Paese di un governo tanto meridionalizzato e con forti venature ambientaste e socialiste?"

Ora le uniche forze che resteranno all'opposizione sono quelle di un centrodestra a trazione leghista che governa tutte le regioni del Nord. La Lega di Salvini riproporrà 'la questione settentrionale' o continuerà la trasformazione in forza nazionalista?

"Se si capirà che il governo avrà vita breve Salvini non ha interesse a ri-settentrionalizzare la Lega e a lasciare nel meridione praterie di voti per il suo alleato Giorgia Meloni. Questa eventualità potrebbe verificarsi, forse, nel caso in cui un governo durasse più a lungo e i sondaggi mostrassero a Salvini un forte calo di consensi da Roma in giù. Ad ogni modo non credo che rivedremo mai la vecchia Lega di Bossi e Miglio".

La leadership di Salvini dentro la Lega è a rischio?

"Non nell’immediato, ma è evidente che abbia per la prima volta fallito una scelta strategica. Questo errore indebolisce inevitabilmente la sua leadership anche dentro la Lega. è probabile che su messaggi e programma dovrà scendere maggiormente a patti con l’ala “giorgettiana” del partito. Tuttavia, è ancora troppo presto per capire se avrà uno sfidante interno e, anche in questo caso, molto dipenderà dal calendario.

Se il nuovo esecutivo non reggesse Salvini avrebbe di nuovo l’occasione, dopo qualche mese di sana opposizione, di compattare dietro di sé la Lega ed il centrodestra. Se invece i tempi si allungassero non è scontato che Salvini rimanga leader del suo partito e del centrodestra fino al 2023. La politica moderna consuma i capi molto rapidamente".

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