Dove nasce la frattura tra una certa destra (anche italiana) e i vertici dell'Unione europea? Siamo così sicuri che questa rottura si consumi sempre e soltanto per colpa di un certo populismo (anche nella sua accezione più positiva, e cioè di vicinanza al popolo) e non come fallo di reazione alle continue vessazioni che negli anni hanno trasformato le critiche in insulti e la dialettica in violenza verbale? Da anni, in concomitanza con gli appuntamenti elettorali, i falchi europeisti col cuore che batte a sinistra si alzano puntualmente in volo per poi scendere in picchiata contro i candidati del centrodestra. Adesso che il nemico numero uno è Giorgia Meloni, le insursioni su Roma non sono certo meno dure che in passato. Anzi, hanno lo stesso antico livore di quelle orchestrate ai danni di Silvio Berlusconi prima e di Matteo Salvini poi.
Tra i più accaniti detrattori del centrodestra italiano c'è sicuramente il vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans. Come già in passato altri prima di lui (da Martin Schulz a Pierre Moscovici), nemmeno le importanti cariche che ricoprono e che dovrebbero obbligarli ad essere super partes, ha tenuto lontano i socialisti da certi commenti al vetriolo. Nell'intervista rilasciata oggi a Repubblica Timmermans non solo si vanta platealmente di essere "di sinistra" e, dunque, di venirgli "più facile lavorare con Enrico" Letta, ma afferma addirittura di avere "paura dell'agenda sociale e morale della destra". Niente di nuovo sotto il sole, per carità - già in altre occasioni aveva sproloquiato contro Salvini -, ma che per attaccare la Meloni si metta a parlare di moralità proprio quando il suo Paese, l'Olanda, sta speculando sul gas e soprattutto è tornato a invocare l'austerità fa francamente storcere il naso.
Da sempre i falchi alla Timmermans usano la morale (la loro morale) per attaccare chi non la pensa diversamente. La usano come una clava. Ma, a differenza di quando Schulz era entrato in rotta di collisione con Berlusconi e Moscovici con Salvini, a questo giro l'attacco è stato sferrato preventivamente. Il vicepresidente della Commissione europea non se la prende infatti con una forza politica al governo, ma con la leader di un partito che al momento siede ai banchi dell'opposizione. "Non conosco sovranisti che non sono anti istituzioni europee - dice a Repubblica - dunque non importa quello che dicono oggi". Un'ingerenza politica (questa sì amorale) contro quello che, in caso di vittoria del centrodestra alle elezioni, siederà al tavolo con la Commissione europea per decidere su importantissimi dossier. E su questo la Meloni si è sempre dimostrata europeista. Una visione diversa da quella che ha in mente Timmermans, certo, ma pur sempre europeista.
Fortunatamente a Bruxelles non tutti la pensano come Timmermans.
Nelle scorse ore un alto funzionario dell'Unione europea ha detto di non condividere l'allarmismo nei confronti della Meloni e ha bollato come inopportune le speculazioni sull'esito del voto. Parole che da una parte ridimensionano l'intervista a Repubblica e dall'altra la dicono lunga sugli incubi notturni non solo della sinistra italiana ma anche di quella europea.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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