E niente, alle donne danno ancora tessuto da torcere. Specie se è quello scarso e striminzito di una gonna corta che (s)copre le cosce giovani e toniche di un manipolo di liceali. Ancora al bando delle minigonne stiamo, incredibile. Ogni tanto si compiono clamorosi balzi in avanti per quanto riguarda la parità di genere, fulgidi, esaltanti esempi dai quali saremmo certe di non dover mai più tornare indietro e poi... e poi si torna indietro. E nei momenti di maggior sconforto, viene il sospetto di non essere nemmeno mai andate avanti rispetto a quando ci invitavano a «stare a casa a fare la calzetta». Solo che prima almeno ce lo suggerivano i maschi, adesso non ci sono nemmeno più quelli. Sono rimasti solo i maschilisti che, com'è noto, sono tutt'altro. Povere donne, a furia di saltare da un ramo all'altro dell'emancipazione femminile, hanno mancato la liana.
Ma a parte considerazioni inutilmente ampie, va detto che la vicenda in questione, cioè quella accaduta al liceo Socrate di Roma, è, come direbbe Antonio Albanese osservando la spiaggia di Coccia de morto «ai confini della realtà». Sembra che la vicepreside dell'istituto alla Garbatella abbia infatti invitato una sua studentessa ad evitare l'indumento in questione perché altrimenti «ai professori sarebbe potuto cadere l'occhio». Ovvio. Cosa vanno a fare a scuola le ragazze se non per occuparsi dell'eventuale libido deviata dei professori? Se non per rendersi responsabili di chi dovrebbe essere responsabile di loro? Se non per insegnar loro il rispetto nei confronti delle donne indipendentemente da come si presentino vestite? Se non per educare i loro impulsi a dirigersi altrove, magari su cose più auliche e costruttive? Speriamo che al Socrate della Garbatella le studentesse, a fine mese, percepiscano uno stipendio per l'improbo incarico di educare i docenti.
In Francia l'esperimento pedagogico al contrario deve essere brutalmente fallito perché nei giorni scorsi, i presidi d'oltralpe, avevano proposto di vietare del tutto la minigonna, scatenando la furia del web e non solo. Ieri, al Socrate, le ragazze del collettivo Ribalta Femminista, hanno risposto con un cartello affisso fuori dalla classe della ragazza in questione «Non è colpa nostra se cade l'occhio», e poi con un appello social: «I nostri corpi non possono essere oggettificati, domani siete tutte e tutti invitati a scuola con una gonna, ci vestiamo come vogliamo». Ora il preside dell'istituto, Carlo Firmani, dice che «non era e non è tuttora pervenuto alcun riscontro fattuale o documentale e resto in attesa di ricevere chiarimenti dalle studentesse per poter procedere». Il ministero dell'Istruzione ha fatto sapere di aver chiesto una relazione urgente alla scuola, mentre Antonello Giannelli, presidente dell'associazione nazionale presidi ha commentato indignato: «È ovvio che le studentesse e gli studenti debbano frequentare le lezioni con un abbigliamento decoroso, in segno di rispetto verso l'istituzione che la scuola rappresenta e verso sé stessi. Non è però condivisibile che la motivazione posta alla base di tale doverosa condotta faccia riferimento a un ipotetico e deprecabile voyeurismo dei docenti (uomini). Docenti che, peraltro, svolgono un importante ruolo educativo».
Increduli i genitori: «Non abbiamo i banchi e il problema adesso sono le minigonne?».
Magari, cari genitori, fossero davvero le minigonne, il problema. O i banchi... Purtroppo è molto di più, ed è molto peggio. E ha sempre a che fare con quell'eterno, patetico invito che ancora i «maschi» rivolgono alle donne: «Ma state a casa a fare la calzetta».
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