Il dolore per Patricia inghiottita dalla bomba

Appello dei parenti per la 48enne italiana funzionaria Ue sparita dopo l'attentato alla metro. È tra le vittime, ma la conferma con il test del Dna

Il dolore per Patricia inghiottita dalla bomba

Roma - Era con la metropolitana che andava a lavorare tutti i giorni. Anche martedì scorso, quando un kamikaze si è fatto esplodere sventrando un vagone del treno. Da quella mattina di Patricia Rizzo, impiegata presso un'agenzia della Commissione Ue, non si è saputo più nulla. E il suo nome è entrato ufficialmente nell'elenco delle possibili vittime dell'attacco alla stazione di Maelbeek: la prima vittima italiana, anche se fino a ieri sera la conferma ufficiale non c'era ancora.In casi come questo le procedure di riconoscimento non sono semplici, perché la potenza delle esplosioni rende irriconoscibili i corpi, tanto che si contano ancora sulle dita di una mano i cadaveri a cui è stato associato un nome e per stabilire se Patricia Rizzo è morta per mano dei terroristi che hanno insanguinato la capitale d'Europa servirà l'esame del Dna.

Un compito penoso per i genitori della donna che, assistiti dal personale dell'ambasciata italiana in Belgio, hanno trascorso l'intera giornata all'ospedale militare Konigin Astrid di Bruxelles per effettuare le strazianti operazioni necessarie ad ufficializzare la notizia della morte. Fino a ieri sera, comunque, la Rizzo era data ancora per dispersa, nonostante la Farnesina abbia dato per molto probabile la presenza di un'italiana tra le vittime degli attentati. Di certo la funzionaria, 48 anni, originaria della provincia di Enna e dipendente dell'Ercea, l'agenzia della Comunità Europea che si occupa di ricerca, non ha più dato notizie di sé da martedì mattina quando è uscita di casa per andare in ufficio in metropolitana, come faceva sempre. Dopo aver appreso dalla Tv la notizia dell'attentato kamikaze i familiari l'hanno cercata senza sosta in tutti gli ospedali, con la speranza di trovarla ancora in vita. Il cugino, Massimo Leonora, ha chiesto aiuto per le ricerche su Facebook. È lui a raccontare che Patricia è originaria di Calascibetta, in provincia di Enna.

I nonni vennero in Belgio per lavorare nelle miniere e lei, nata qui, si è stabilita a sud di Bruxelles, vicino a Mons, anche se tutti in famiglia hanno la nazionalità italiana e considerano l'Italia il loro Paese. Per cinque anni la Rizzo è stata uno dei dirigenti più importanti dell'Efsa, l'Authority alimentare europea con sede a Parma, dove dal 2003 al 2008, prima di tornare all'estero, è stata assistente di direzione. «Patricia faceva parte dello staff dei nostri due precedenti direttori esecutivi - raccontano gli ex colleghi - era una persona molto conosciuta qui da noi e siamo tutti in apprensione per lei». Passano ore piene di ansia, tra formulari da riempire alla ricerca di segni particolari che possono essere utili all'identificazione. La speranza tra i parenti si assottiglia sempre di più. Leonora non molla un attimo i genitori di Patricia, catapultati dalla casa dove vivono fuori Bruxelles in questo ospedale militare trasformato in obitorio. Per loro e per i familiari degli altri dispersi è stata allestita una stanza nel sottosuolo dove entrano e escono persone in lacrime, con lo sguardo perso, sorretti dai congiunti.

Ci sono anche tre italiani feriti in modo lieve. Si tratta di Chiara Burla, 24 anni, di Varallo, residente a Firenze, Marco Semenzato, 34 anni, architetto originario di Padova e Michele Venetico, 21 anni, nato in Belgio, dipendente dell'aeroporto di Zaventem.

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