Duro botta e risposta su manovra e conti pubblici fra il presidente della Commissione Ue e il premier

RomaSulla manovra cominciano a rullare tamburi lontani (da Bruxelles). E vicini (sindacati e non solo). Palazzo Chigi prova a tamponare l'emergenza con le promesse: aumentando di 150 milioni i fondi per l'autosufficienza (dopo che i malati di Sla avevano bloccato il traffico davanti al ministero dell'Economia). E assicurando qualche apertura ai Comuni. Ma i tagli resteranno.

Ma il vero scontro è con Bruxelles. Mai nessun presidente del Consiglio italiano era stato così rimbrottato dal presidente della Commissione europea. Jean-Claude Juncker, al termine di una gag chiaramente organizzata con la complicità di Manfred Weber (tedesco), capogruppo Ppe al Parlamento europeo, risponde a muso duro alle accuse di Matteo Renzi. Voglio ricordare al premier italiano «che non sono il capo di una banda di burocrati. Sono il presidente della commissione Ue: un'istituzione che merita rispetto».

Il premier risponde a Ballarò. «In Italia ce la stiamo giocando. La partita non è vinta né persa. Ma stiamo segnando dei gol». E rivolgendosi direttamente a Juncker, sottolinea: «è cambiato il clima per l'Italia, in Europa non vado a dire 'per favore ascoltatecì, non vado con il cappello in mano. Non vado a Bruxelles a farmi spiegare cosa fare e l'ho spiegato anche a Barroso e Juncker». Ma, forse, non l'ha capito. Anche perché il presidente della Commissione osserva con malizia: in ogni caso, se la Commissione avesse seguito i consigli dei burocrati, «il giudizio sul bilancio italiano sarebbe stato diverso». E che l'aria sia cambiata lo fanno capire il vice presidente Ue, Katainen, ed il nuovo commissario agli Affari economici, il francese Moscovici.

Entrambi, ricorrendo ad un linguaggio in codice, anticipano l'intenzione della nuova Commissione di chiedere maggiori chiarimenti sulla manovra. Il vicepresidente rileva che la regola di riduzione del debito (oltre la quota del 60% del pil) «è importante quanto quella del deficit». La legge di Stabilità non rispetta il programma di riduzione contenuto nel Fiscal compact. Anzi, il governo scrive che la correzione prevista «viene giudicata né fattibile né auspicabile».

Moscovici, poi, sembra quasi rispondere direttamente alla lettera che Piercarlo Padoan ha inviato a Katainen. In quella lettera, il ministro dell'Economia insisteva sul fatto che l'Italia è nelle condizioni di richiedere l'applicazione delle «circostanze eccezionali» (recessione continua da tre anni), tale da attenuare gli sforzi di risanamento. E Moscovici ora si limita ad osservare: «nell'area euro non ravvediamo circostanze eccezionali». Insomma, picche.

E la discussione parlamentare accende gli animi. La Uil minaccia di occupare l'Inps se il Parlamento dovesse confermare il taglio ai patronati. E la Cgil rilancia una patrimoniale del 5% sulle famiglie ultraricche italiane. Così da incassare 10 miliardi (?) da destinare all'occupazione. Dubbi sull'impianto (soprattutto futuro) della manovra arrivano anche Giuseppe Pisauro, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Nel 2016, se dovessero scattare le clausole di salvaguardia, gli italiani saranno costretti a pagare - denuncia Pisauro - 16 miliardi di maggiori tasse. Ma se non scattano - segnala Fassino - le Province rischieranno il default ed i Comuni dovranno tagliare la spesa di 3,7 miliardi.

In serata vertice di Renzi con i gruppi parlamentare. Argomento: fiducia sul Jobs Act. L'opposizione interna minaccia di non votarla. Renzi dice: «è la riforma più di sinistra che io abbia mai visto, va approvata entro il primo gennaio».

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