C'erano l'organizzazione comunista internazionalista, il partito di alternativa comunista, i No Tav, persino «compagne e compagni contro il green pass». Davanti alla base militare della Nato a Ghedi, nel Bresciano, era un pullulare di bandiere rosse come non si vedeva da più di un decennio. Quelle stesse bandiere con falce e martello che la scorsa settimana avevano fatto infuriare gli ucraini presenti in un'altra manifestazione, ben più affollata, proprio nel centro di Brescia. La concitazione era palpabile già nelle ore precedenti, dopo la chiamata a protestare «contro la guerra», ma tra i circa 300 manifestanti fuori dai cancelli e le forze dell'ordine a presidio dell'ingresso non ci sono stati veri e propri momenti di tensione.
Il leitmotiv è lo stesso che ha riecheggiato 24 ore prima a Roma: «Fuori l'Italia dalla Nato, fuori la Nato dall'Italia». D'altronde, il luogo scelto dai manifestanti della sinistra antagonista non è certo casuale: negli anni la base bresciana che ospita anche il 6° Stormo, l'unico reparto di volo in Italia equipaggiato con i Tornado è diventato il teatro di frequenti proteste contro gli armamenti del nostro Paese. E come da previsioni dopo l'escalation in Ucraina è arrivato il nuovo appello. Dal presidio risuona di tutto: da «la Russia non ha alcun diritto sull'Ucraina» alla richiesta di scioglimento della Nato, dal «diritto di autodeterminazione del popolo ucraino» alla «riduzione drastica delle spese militari». Ma chi parla a nome dei «proletari di tutto il mondo» spiega anche che «da anni Stati Uniti e Unione Europea finanziano, armano e addestrano non solo l'esercito regolare ucraino ma anche quelle milizie mercenarie ucraine neonaziste che costituiscono un importante puntello del governo filo-occidentale di Kiev».
Alcuni membri dei centri sociali gridano invece all'«imperialismo statunitense ed europeo», sostenendo addirittura che «l'Italia deve essere denunciata per aver fornito armi all'Unione Europea».
Mentre nella base Nato di Ghedi c'è calma piatta, fuori gli ultimi sopravvissuti del blocco sovietico elencano il proprio ricettario per la pace, che non può non prevedere l'opposizione alla costruzione di un esercito europeo. Ma il presidio pacifista sembra perdere ogni credibilità quando nel proprio appello inserisce una clausola: «Bisogna cancellare l'obbligo vaccinale».
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