E Mattarella scarica lo scandalo giustizia sul suo successore

Il saluto al Csm. Rinominati in Cassazione i vertici bocciati dal Consiglio di Stato

E Mattarella scarica lo scandalo giustizia sul suo successore

Una ri-nomina fatta in fretta e furia, senza affrontare davvero i motivi per cui la nomina precedente era stata azzerata del Consiglio di Stato: a descrivere così la delibera con cui il Consiglio superiore della magistratura si ostina a nominare il giudice Pietro Curzio alla presidenza della Cassazione e la sua collega Margherita Cassano come sua vice sono le uniche voci che ieri si levano in Csm per denunciare l'anomalia della corsa contro il tempo che ha rimesso le due toghe (una di sinistra, una di destra) sulle poltrone di vertice della giustizia italiana, e che permetterà così a Curzio di presiedere oggi la cerimonia inaugurale dell'anno giudiziario. Unici voti contrari, i consiglieri Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita e il leghista Stefano Cavanna. «È mancata una discussione approfondita e completa», dice Ardita. «Le nuove motivazioni si limitano a riproporre in forma diversa le stesse argomentazioni di quelle originarie», attacca Cavanna. In sostanza, i tre accusano il Csm di avere aggirato la sentenza del Consiglio di Stato. E anche se la versione ufficiale è che «non esiste nessuno scontro tra istituzioni» la sostanza è che il voto di ieri mette due organismi chiave dello Stato in rotta di collisione.

L'atto cruciale di questo scontro senza precedenti avviene alla presenza del Capo dello Stato. Sergio Mattarella ieri sceglie di presiedere personalmente il Csm, per rimarcare la delicatezza del passaggio. Assiste alla votazione senza prendere la parola, il suo commento finale suona come un avallo pieno alla decisione di mantenere Curzio e la Cassano ai loro posti: Mattarella fa gli auguri a entrambi, e ringrazia il Csm per «la tempestività» con cui ha assicurato «la piena operatività dell'esercizio delle funzioni di rilievo per l'ordinamento giudiziario». Ma se nello scontro con il Consiglio di Stato il Csm incassa la benedizione di Mattarella, il Presidente è assai più parsimonioso nell'appoggiare i propositi di riforma enunciati dal vicepresidente, il pd David Ermini. Ermini fa un discorso lungo e accorato, dice che la colpa del disastro è di quelli che c'erano prima (siamo stati, dice, «un consiglio di transizione che ha visto deflagrare fatti lasciati per troppo tempo innescati sotto la polvere»), rivendica di avere agito «nel solo rispetto della Costituzione e delle leggi» e promette rinnovamento. Mattarella risponde asciutto facendo gli auguri al Csm «per l'attività che continuerà a svolgere nei prossimi mesi con la presidenza di un nuovo capo dello Stato». Io ho finito, tra poco se la sbrigherà un altro, dice Mattarella. E chissà se nella sua asciuttezza conta anche il fatto che Ermini sia lo stesso Ermini la cui designazione a vicepresidente fu varata da una cena tra Luca Palamara, Cosimo Ferri e Giuseppe Fanfani e festeggiata con un messaggio da Palamara e Ermini dopo la consacrazione «Godo! Insieme a te!».

Quanto all'azzeramento della Cassazione, la benedizione di Mattarella alla ri-nomina di Curzio difficilmente chiude la partita, perché il candidato sconfitto, Angelo Spirito, presenterà nuovamente ricorso.

D'altronde le nuove motivazioni del Csm a favore di Curzio, che aveva un esperienza in Cassazione molto inferiore a Spirito, sono basate solo sulla carriera-lampo del candidato della sinistra: carriera «particolarmente rapida nelle sue tappe, che conferma la completa padronanza delle funzioni di legittimità nella sua massima intensità possibile tale da non potersi ipotizzare alcun ulteriore arricchimento determinato da un ulteriore decorso del tempo. Il che vale a giustificare la sua equivalenza con il dottor Spirito, pur a fronte di esperienze temporali così consistentemente diverse».

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