Roma Ci si mette anche il guru internazionale della propaganda politica a rendere le notti renziane più agitate. La sconfitta di Cameron al referendum sulla Brexit ha fatto emergere, tra le altre cose, un dettaglio tutt'altro che trascurabile: Jim Messina(classe 1969) non è più l'infallibile spin doctor che, al servizio di Bill Clinton prima e di Barack Obama poi, tutti hanno pensato fosse. Al largo del Nazareno erano rimasti impressionati da quella lunga serie di vittorie. Insomma Renzi è rimasto folgorato e sedotto proprio dall'artefice della vittoria del primo presidente di colore americano tanto che l'ha arruolato a inizio anno per gestire la comunicazione del referendum confermativo sulla riforma costituzionale in programma il prossimo ottobre. Alle prime ore di questa mattina si saprà, tra l'altro, se il tonfo con la Brexit è un episodio isolato o se l'inizio della fine, visto che lo stesso Jim Messina è stato assunto anche dal partito popolare spagnolo guidato da Mariano Rajoy che ieri sera si è giocato una partita politica delicatissima.
Intanto a Palazzo Chigi c'è chi avanza, come strategia per correre ai ripari, lo slittamento in avanti della data del referendum. Magari, dicono, servono alcune settimane in più per aggiustare il tiro della campagna referendaria. Insomma più lontana è la data del voto dalle amministrative di giugno e da questo disastro della Brexit, meglio è. La sconfitta degli inglesi europeisti, con Cameron in testa, ha sorpreso non poco lo stesso Messina che solo due anni fa è stato tra gli artefici della vittoria al referendum sull'eventuale indipendenza della Scozia. Lo stesso Messina che solo l'anno passato è stato tra coloro che hanno spinto proprio Cameron a riconfermare la sua residenza a Downing Street.
Jim Messina era sbarcato al Nazareno lo scorso 24 marzo per le prime riunioni informali e soprattutto per organizzare la squadra di lavoro. Allora era ancora di là da venire il voto sul ddl Boschi. E comunque già si pensava e lavorava per la buona riuscita del referendum conservativo. Inutile adesso pensare a quanto è costato assoldare il «guru di Obama», come tutti lo chiamano. Non si piange sul latte versato. Resta il fatto che in molti - all'interno della stessa direzione del Pd - iniziano a preoccuparsi proprio perché uno dei primi slogan concordati tra Renzi e Messina è stato quello del ricatto politico: se perdo il referendum lascio la politica.
E c'è chi ricorda, ora, che agli italiani non ha mai portato bene affidarsi ai «guru» d'oltreoceano per vincere le campagne elettorali (basti pensare a Rutelli, che nel 2001 affidò la sua campagna elettorale a Stanley Greenberg, e a Mario Monti, che per le elezioni del 2013 si è affidato a un altro dei consiglieri di Obama David Axelrod).
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