Egitto, ultimo schiaffo a Regeni Arrestato il consulente legale

Tra i cento attivisti fermati dal regime c'è anche Ahmed Abdallah, che offre aiuto agli avvocati della famiglia del ricercatore ucciso

Prove fasulle, depistaggi, versioni contraddittorie. Il caso di Giulio Regeni, il ricercatore universitario torturato e ucciso in Egitto lo scorso gennaio, continua a riservare sorprese e ad affondare nel torbido. Ci siamo abituati, certamente, a costatare la scarsa collaborazione delle autorità egiziane e a vederci presentare dei colpevoli che, purtroppo, non possono confessare perché sono stati uccisi dalla polizia del Cairo in un conflitto a fuoco. Insomma, l'Egitto continua a propinarci versioni di comodo e tenta di abbindolarci mostrandosi super impegnato ad andare a fondo alla questione. La realtà naturalmente è diversa. Ed è una realtà sgradevole, fatta di sgarbi e schiaffi umilianti per il nostro Paese che non può o non vuole venirne a capo. Poco è servito richiamare il nostro ambasciatore al Cairo. L'Egitto prosegue nella sua incomprensibile e oltraggiosa condotta. Ieri è arrivata la conferma dell'arresto di Ahmed Abdallah, presidente della Commissione egiziana per i diritti e le libertà. Un altro possibile colpevole? No, tutt'altro, è il consulente dei legali della famiglia Regeni, che si è detta «angosciata» per la vicenda.

Secondo Amnesty International, Abdallah è stato prelevato alle tre del mattino del 25 aprile nel suo appartamento dalle forze speciali della polizia. È accusato assieme all'attivista Sanaa Seif, all'avvocato Malek Adly e circa cento altre persone, tra cui alcuni giornalisti, di istigazione alla violenza per rovesciare il governo, adesione a un gruppo terroristico e promozione del terrorismo. L'ondata di arresti è ancora in corso ed è cominciata alla viglia dell'annunciata manifestazione contro il regime. D'altronde, il ministero dell'Interno domenica aveva comunicato senza mezzi termini che avrebbe agito con fermezza per reprimere le proteste.

L'organizzazione presieduta da Abdallah, consulente della famiglia Regeni, ha diffuso una nota in cui spiega che «gli arresti hanno preso di mira personaggi pubblici, difensori dei diritti umani e attivisti. E considerate le manifestazioni in programma, il numero degli arresti è destinato ad aumentare». La Commissione egiziana per i diritti e le libertà definisce l'azione del governo una «brutale repressione» che «sembra essere il risultato di quanto annunciato di recente dal ministro dell'Interno» a cui fa seguito quella «del presidente Al Sisi, secondo il quale alcuni gruppi che starebbero mettendo a rischio la pubblica sicurezza saranno fermati da polizia e forze armate».

La famiglia Regeni è rimasta sorpresa e angosciata dalla notizia dell'arresto di Abdallah e ha espresso «preoccupazione per la recente ondata di arresti in Egitto ai danni di attivisti dei diritti umani, avvocati e giornalisti, anche direttamente coinvolti nella ricerca della verità circa il sequestro, le torture e l'uccisione di Giulio». Amnesty International, dal canto suo, ha parlato di «salto di qualità nelle azioni repressive dell'Egitto» e affermato che «l'azione italiana deve essere commisurata a questa escalation egiziana». Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, ha fatto un bilancio della repressione. «Secondo i nostri numeri sono state arrestate 238 persone» e ha spiegato che sono arresti di massa e selettivi.

«Selettivi perché ha aggiunto Noury hanno arrestato anche giornalisti stranieri che si sono occupati del caso Regeni, e tra gli arresti più gravi c'è quello di Abdallah, che con i suoi esperti ha fornito e sta fornendo supporto legale alla famiglia di Giulio».

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