Equalize, parla Pazzali: mai chieste spiate illegali

Il manager sui contatti con gli 007: "Fantasie". E accusa Gallo. Ma i pm insistono sui domiciliari

Equalize, parla Pazzali: mai chieste spiate illegali
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I contatti con i servizi segreti? «Fantasie». Le incursioni nelle banche dati? «Mai saputo niente». Gli accessi abusivi su La Russa, Salvini, Renzi, Santanchè? «Non li ho ordinati io». Nega tutto, o quasi, Enrico Pazzali, presidente (autosospeso) della Fiera di Milano e padrone di Equalize. Nell'inchiesta sulla fabbrica di dossier impiantata all'ombra della Madonnina, l'unica voce che mancava era la sua. La Procura voleva arrestarlo già sei mesi fa, il giudice ha detto di no, ieri i pm tornano all'attacco davanti al tribunale del Riesame. Per la Procura di Milano e la Procura nazionale antimafia, Pazzali era il capo di tutto e sapeva tutto. Ma ieri il titolare di Equalize deposita una lunga memoria in cui si dichiara all'oscuro dei metodi dei suoi collaboratori. E accusa Carmine Gallo, il suo principale collaboratore, di avere mentito quando lo ha accusato di essere perfettamente al corrente delle «tecniche» usate dalla squadra per compilare i report. Gallo non potrà controreplicare, essendo morto il 9 marzo.

Pazzali non nega di avere commissionato a Gallo e Calamucci una quantità di accertamenti (dalla Santanchè alla Moratti a Fontana), e d'altronde difficilmente potrebbe farlo: dal suo telefono i carabinieri hanno estrapolato decine di chat in cui Pazzali indica a Gallo i soggetti da sottoporre a analisi. Le stesse analisi dimostrano che subito dopo Gallo faceva entrare le sue talpe nello Sdi, la banca dati della polizia, e estraeva i dati riservati che faceva confluire nel report che inviava al suo capo, precedenti penali compresi: «elemento che testimonia la conoscenza di Pazzali dell'accertamento di polizia effettuato», scrivono gli investigatori.

Nella memoria di ieri, i legali di Pazzali sostengono invece che sono proprio le intercettazioni compiute durante le indagini a dimostrare che Pazzali veniva tenuto all'oscuro degli accessi illegali allo Sdi. E anche nel caso delle presunte richieste «avanzate da parte di Pazzali a Gallo su La Russa», scrivono i legali «non è mai seguito alcun accesso abusivo e non certamente per merito dell'ex poliziotto», cioè di Gallo.

La conclusione dei difensori è netta: se Pazzali non sapeva degli accertamenti illegali attraverso lo Sdi, tutto il resto, per quanto lo riguarda, non è reato. Quand'anche fosse vero «che Pazzali richiedeva anche, del caso e in ipotesi, numerosi report reputazionali per interessi personali, non sapendo degli accessi allo Sdi, la circostanza è del tutto irrilevante penalmente. Come lo sono, del resto, le personali motivazioni delle richieste del predetto indagato».

Per quanto «irrilevanti penalmente», prima o poi però Pazzali dovrà spiegare agli inquirenti le «motivazioni personali» delle richieste che avanzava, e che i suoi collaboratori soddisfacevano prontamente. Il manager, d'altronde, dichiara di essere pronto a farsi interrogare dai pm. Dai quali gli verrà chiesto come pensava allora che fossero realizzati i dossier che ordinava su amici, nemici, rivali, giornalisti scomodi. Gli verrà chiesto che utilizzo ne faceva. Qualche domanda in quella sede gli verrà fatta anche sui contatti con uomini dei servizi segreti, che ieri definisce «fantasie» ma che secondo gli inquirenti (ben prima dei verbali di Gallo) sono accertati.

Anche di questi rapporti ieri Pazzali dice che comunque «a prescindere dalla loro (non) credibilità in ogni caso, riguardano circostanze a ben vedere del tutto irrilevanti penalmente». Nei prossimi giorni si vedrà se ha convinto i giudici, o se verrà accolta la richiesta dei pm di chiuderlo ai domiciliari.

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