"Far cadere il governo danneggerà i 5s. Se Conte strappa esodo verso Di Maio"

Il sondaggista: "In caso di elezioni il centrodestra può vincere, ma solo se rimane coalizione. Draghi bis? Lui dice no, ma mai dire mai"

"Far cadere il governo danneggerà i 5s. Se Conte strappa esodo verso Di Maio"

Renato Mannheimer, sociologo e sondaggista, avverte Conte che far cadere il governo lo punirebbe e dice al centrodestra che vincerà solo se ritrova l'unità.

Alla vigilia del voto di fiducia in Senato, l'ipotesi di elezioni anticipate sembra più concreta. È così?

«Posso solo prevedere che i 5Stelle non avranno il coraggio di fare qualcosa che si rivelerebbe contro i loro interessi elettorali».

Eppure, i falchi grillini premono su Conte sostenendo che solo con lo strappo si risalirebbe nei sondaggi.

«Si sbagliano. Se 5 anni fa hanno ottenuto tanti voti è stato non perché erano all'opposizione, ma per le idee contro i politici tradizionali, il famoso vaffa. Ora i 5Stelle sono cambiati, si sono parlamentarizzati e non basta stare all'opposizione, far casino distruggendo il governo, per recuperare voti. Inoltre, la loro leadership ha perso credibilità, gli stessi che riuscivano a mobilitare la gente ora si scontrano con più dubbi nell'elettorato ampio e lo zoccolo duro è sempre meno duro. I consensi calano di giorno in giorno, si è visto anche alle amministrative».

Che ripercussioni ci sarebbero sul M5S se Conte arrivasse alla rottura?

«Conte gode ancora di una forte popolarità personale, conquistata quando era premier, però non è facile trasformarla in voti. Se scegliesse lo strappo ci sarebbero altre defezioni verso il gruppo di Di Maio. E la già grave crisi del M5S peggiorerebbe».

Il centrodestra preme per una fine anticipata della legislatura. Salvini lancia l'ultimatum: se i 5S usciranno dall'aula si va al voto; la Meloni insiste sul ritorno alle urne e Berlusconi chiede una verifica, convinto che il governo possa andare avanti senza il M5S, ma assicura che Fi non teme il voto. Negli scenari possibili la coalizione sarebbe vincente?

«Si. Ma solo se rimane una coalizione, se i leader si mettono d'accordo e di fronte hanno una lunga trattativa per i candidati comuni nel maggioritario. Anche il centrodestra ha i suoi problemi, è sembrato ultimamente diviso e soprattutto Fi si differenzia da Lega e FdI».

Per Renzi è meglio la crisi del caos e si potrebbe proseguire con un Draghi bis, ma il premier dice che non è disponibile per un secondo governo. Situazione bloccata o gioco di pressioni reciproche?

«Abbiamo imparato che in politica le situazioni bloccate non esistono: Mattarella non voleva un secondo mandato e poi ha dovuto accettarlo. Così, anche Draghi dice no al bis ma non si sa che potrebbe succedere. Lo stesso Mattarella potrebbe fargli cambiare idea. Se fossi un politico, non rischierei».

Si profila un autunno caldo e si teme l'esplosione delle tensioni economico- sociali: in quest'ottica sarebbe preferibile un chiarimento prima di allora?

«Il problema è che sono previste le elezioni l'anno prossimo e tutti i partiti hanno interesse a distinguersi, anche dal governo: i 5Stelle, la Lega, lo stesso Pd che è il più governista ma sottolinea i temi civili, come lo ius scholae. Per questo, un vero chiarimento è difficile. Ma ogni partito dovrebbe trovare la ragionevolezza per affrontare un autunno molto duro, tra crisi del gas e delle forniture, inflazione, ora anche il Covid».

Il Pd rimane governista ma respinge la possibilità di andare avanti senza 5s e il suo campo largo sembra fallito: che prospettive ha?

«Il campo largo non c'era neanche prima, perché non era difficile prevedere che il M5S diminuisse consensi, viceversa ci sarebbe un' ampia prateria al centro ma bisognerà vedere se Letta vuole continuare a guardare verso i grillini o cambiare idea».

I tentativi di far nascere un nuovo centro hanno concrete possibilità, anche se per Berlusconi lo spazio è già occupato da FI?

«Berlusconi è il centrodestra e un nuovo centro

autonomo ha un elettorato potenziale ampio, 10-15 %, solo che di leader ce ne sono troppi, Renzi, Calenda, Toti, perfino Mastella. Così, i voti si divideranno tra centrodestra e centrosinistra, ognuno con i suoi problemi».

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