Fermare la deriva dei prezzi. A qualsiasi costo. Se è il caso, anche distruggendo i principi fondanti del libero mercato. La Commissione europea mette nel mirino il Title Transfer Facility (Ttf), il mercato virtuale di Amsterdam dove vengono fissate le quotazioni di riferimento del gas naturale. Sono ancora pochi i dettagli trapelati sul documento che sarà venerdì sul tavolo dei ministri dell'Energia, ma l'obiettivo di Bruxelles è chiaro: «Sottoporre il Ttf a supervisione finanziaria» da parte dell'Esma, la Consob europea, allo scopo di «evitare possibile mosse speculative». L'idea di base riguarda lo sviluppo di «ulteriori indici di riferimento» per l'oro blu «complementari» a quello olandese, in modo da «garantire un migliore funzionamento del mercato» e rispettare meglio le differenze tra i Paesi.
Il perimetro d'intervento dovrebbe riguardare soprattutto i contratti future, il versante più esposto alle ondate speculative da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina. I timori di una diminuzione o, peggio, di uno stop totale delle forniture sono stati la causa scatenante della lievitazione dei prezzi insieme con la corsa da parte dei singoli Paesi ad accaparrarsi quanto più metano possibile per riempire gli stoccaggi in vista della stagione invernale. Con il diktat con cui Mosca ha di fatto legato la ripresa dei flussi di gas dai tubi del Nord Stream alla rimozione delle sanzioni, ora si va profilando lo scenario peggiore. Così l'Ue punta a calmierare i prezzi agendo sul Ttf, rispondendo implicitamente alla lettera inviata alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e al ministro della Repubblica Ceca, Jozef Síkela, presidente di turno del Consiglio energia, dai settori più energivori - dall'acciaio al metallo, dal vetro alla ceramica, dalla carta al cemento - con cui hanno chiesto misure comunitarie «urgenti» per «limitare il prezzo del gas naturale» e «scollegare i prezzi dell'elettricità dai prezzi del gas».
Risposte comunque tardive rispetto ai cordoni di salvataggio che i singoli governi europei stanno in tutta fretta predisponendo per attenuare l'impatto dello choc energetico e per mettere al sicuro le società elettriche. Dopo la ri-nazionalizzazione del colosso francese Edf e il bail-out della tedesca Uniper con 15 miliardi di euro scuciti da Berlino, in Svezia la premier Magdalena Andersson ha annunciato uno stanziamento di centinaia di miliardi di corone a sostegno dei produttori di elettricità, mentre l'utility finlandese Fortum ha firmato un accordo di finanziamento-ponte con la società di investimento governativa Solidium del valore di 2,35 miliardi. Si muove anche la Svizzera, dove Axpo ha ricevuto da Berna una linea di credito fino a quattro miliardi per soddisfare le proprie esigenze di cassa. Soldi, una montagna di quattrini ovunque, ma soprattutto in Germania. Il governo Scholz pare aver rottamato i propositi di zero deficit dopo essersi impegnato, con un maxi-piano di aiuti da 65 miliardi, a garantire la sopravvivenza del settore energetico. Questo fiume di denaro dovrebbe anche servire a evitare in Europa una recessione severa, uno spettro sempre più palpabile sui mercati. Non a caso, i prezzi del gas hanno ieri chiuso in calo del 2,5%, a quota 239,8 euro al megawattora, con un flessione del 2,5%; e quelli dell'energia hanno perso il 10% in sette giorni. Al tempo stesso, la liquidità che si sta canalizzando verso famiglie e imprese rischia di vanificare la lotta all'inflazione che la Bce sta conducendo a colpi di rialzi dei tassi.
Domani la banca guidata da Christine Lagarde dovrebbe dare un'altra stretta dello 0,75% al costo del denaro. Il rischio è di dover presto fronteggiare una depressione economica a braccetto con un'inflazione ancora rampante.
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