Il fascino perverso di vedersi invecchiati (ma nella realtà ci ritocchiamo le rughe)

Attori, politici e vip: tutti pazzi per il software che ci mostra come saremo

Il fascino perverso di vedersi invecchiati (ma nella realtà ci ritocchiamo le rughe)

La frase è talmente famosa che ne sono state tramandate due versioni: «lasciamele tutte, ci ho messo una vita a farmele», oppure «non togliermene nemmeno una, le ho pagate tutte care». I lettori più in là con gli anni, anche se non necessariamente «fin dal primo numero», ricorderanno chi parlava così: Anna Magnani, l'attrice che voleva apparire come mamma (Roma) e vita l'avevano fatta, al naturale, senza l'intervento del truccatore al quale appunto si rivolgeva, raccomandandogli di non nascondere le sue rughe. Certo, anche lei aveva un ruolo, una parte da sostenere, nella grande commedia umana del cinema Neorealista, che si chiamava così proprio perché voleva raccontare la realtà del presente di allora, compresi i suoi nei, le sue imperfezioni, soprattutto le sue ferite. Ma quello di Nannarella non era il vezzo della diva, il capriccio della popolana che esibisce in volto il proprio passato buttandolo in faccia allo star system con un gesto di rivolta. Era, al contrario, la voglia di essere chiara, diretta, pane al pane e vino al vino.

Oggi, con il pane e con il vino si celebrano altre messe, che non definiremo nere, per carità, non hanno nulla di demoniaco, piuttosto grigie, patinate al contrario. Nell'universo parallelo dei social, i vip nati in epoca post-Nannarella interpretano infatti un neorealismo plastificato, da fiction, ad usum follower, studiando fotografie e inscenando «stories» per catturare contatti. Tutto fa brodo: dalla chiappa nuda all'occhio pesto, dai piedi sul tavolo al tatuaggio sul petto.

L'ultima moda di ritorno, che sta riscoppiando in queste ore come un tormentone degli anni Sessanta ri-arrangiato, si chiama FaceApp. Serve a ringiovanire o a invecchiare, in un tira e molla con la fune del Tempo che ricorda la lotta di Dorian Gray con il suo ritratto. Basta prendere un proprio selfie, sottoporlo al maquillage dell'applicazione e si retrocede o si avanza nel tempo. Naturalmente entrano in gioco algoritmi di Intelligenza Artificiale, poiché quella naturale è considerata ormai sorpassata dagli eventi, in particolare quelli virtuali. E ovviamente la direzione in cui si muovono le trasformazioni è quella del futuro (per il passato, sono sufficienti le fotografie normali, quelle scattate all'oratorio o a scuola indossando il grembiule).

C'è, insomma, una ricerca di maturità e di autorevolezza che evidentemente si sente di non possedere, e che a volte intenerisce un po'. Come quando lo juventino Dybala (25 anni) che sta invecchiando anzitempo all'ombra del matusa bionico Cristiano Ronaldo (34 anni), si propone, ingrigito e ingrugnato, con la fascia da capitano della Juventus al braccio, commentando: «Così fra qualche anno». Campa cavallo! E dovrà aspettare un bel pezzo, Alessandro Gassmann, per togliersi (ancora una volta, virtualmente) una «n» dal cognome per diventare la copia pressoché conforme di papà Vittorio. Per ovvi motivi, le donne sembrano meno propense a giocare a questo gioco: per loro le rughe restano, alla faccia della Magnani, una seccatura. Poco male, possono virare su un'altra variante consentita dal marchingegno: la mutazione di genere, per ora limitatamente al volto, poi si vedrà.

In questo senso, possiamo leggere come preventiva la valutazione che di

FaceApp ha fatto lo studioso islamico egiziano Essam al-Roubi, probabilmente scandalizzato dal connazionale Mohamed Salah versione pescatore sessantenne. Secondo lui bisognerebbe vietarla, perché «cambia la creazione di Dio».

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