La fase "uno e mezzo" farà perdere 84 miliardi in consumi delle famiglie

Stima Confcommercio: -8% rispetto al 2019 Sangalli: "Moratoria e aiuti a fondo perduto"

Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli
Il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli

L'inizio della fase due non impedirà una perdita di ricchezza senza precedenti per l'economia italiana. Confcommercio ha calcolato l'effetto del lockdown sui consumi, basandosi sulle nuove ipotesi di riaperture graduali. Lo scenario disegnato dall'ultimo Dpcm del governo e dagli annunci sui prossimi provvedimenti fa pensare che il ritorno a una totale normalità non avverrà prima del primo ottobre.

I cambiamenti nei comportamenti delle famiglie comporteranno un calo dei consumi per il solo 2020 di 84 miliardi di euro. Otto punti percentuali in meno rispetto al 2019. «Valutazione prudenziale che, non si esclude, potrebbe anche peggiorare», secondo il centro studi della confederazione guidata da Carlo Sangalli.

I settori più colpiti sono quelli del made in Italy: vestiario e calzature, automobili e moto, servizi ricreativi e culturali, alberghi, bar e ristoranti». È proprio sui pubblici esercizi che ricade il peso maggiore. L'ospitalità perderà il 48,5%, ristorazione e bar il 33,3%. Stime peggiori rispetto a quelle precedenti fornite dalla stessa Confcommercio, eppure anche queste soggette a revisioni al ribasso. «Le cadute potrebbero risultare a consuntivo decisamente più gravi se il ritorno alla nuova normalità sarà particolarmente lento».

In sostanza, i comportamenti dei consumatori potrebbero non tornare alla normalità nemmeno a pandemia finita. Segnali positivi solamente dall'alimentare che crescerà del 3,6%, dalle utenze per la casa e dalla sanità (più 1,9%). Anche in questo caso variazioni dettate dalla crisi.

I consumi si confermano una delle emergenze. Uno degli indicatori che il governo tiene sotto controllo da quando la speranza di un andamento dell'economia a «V», cioè con una forte ripresa dopo il crollo dei primi mesi dell'anno, ha lasciato il posto ai timori di un andamento a «L», cioè un crollo e poi un lunga recessione.

Le risposte messe in campo dal governo non sono sufficienti. In ballo c'è la sopravvivenza di tante attività economiche. Il problema principale per l'emergenza è la liquidità, ma i prestiti garantiti dallo Stato non funzionano come dovrebbero. Secondo la Cgia di Mestre solo l'1% delle piccole e medie imprese ha presentato domanda. Troppo stringenti i requisiti per accedere, troppo complicate le procedure. Tanto che il governo sta pensando di modificare alcuni passaggi chiave del decreto liquidità durante la conversione in legge, estendendo il periodo di restituzione da sei a dieci anni e allargando le maglie dei prestiti includendo anche le aziende con «inadempienze probabili».

Ma anche questo potrebbe non bastare. Per questo si allarga la schiera di chi chiede contributi a fondo perduto, magari in forma più incisiva rispetto a quelli annunciati dal ministro allo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli. «La strategia più logica e immediata di sostegno - secondo Confcommercio - si riassume nella trasformazione delle perdite di reddito del settore privato, causate dalla chiusura forzata per il lockdown, in maggiore debito pubblico. Questo pilastro dei trasferimenti a fondo perduto a famiglie e imprese sembra in via di rafforzamento, e ciò offre qualche speranza per la ripresa».

Rimarca nuovamente con forza lo stesso Sangalli: «Senza un vero sostegno non ci sarà nemmeno una Fase 2 per le nostre imprese che hanno

assoluto bisogno di indennizzi, contributi a fondo perduto, prestiti senza burocrazia e una moratoria fiscale per quest'anno. Bisogna agire subito per ridare una prospettiva di fiducia e di speranza che oggi che oggi non c'è».

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