Il filo che lega il Cairo a Manchester

Il filo che lega il Cairo a Manchester

Da Roma per raggiungere in volo Il Cairo ci si mette più o meno quanto per arrivare a Manchester. Perché allora è maggiore la nostra distanza di fronte a un attentato che uccide 35 cristiani nel Sud dell'Egitto, fra i quali non pochi bambini? La nostra sensibilità dipende dalla latitudine? Certo, nell'assalto sanguinoso all'autobus diretto a Minya c'è la vendetta che, dopo le stragi nella Cattedrale del Cairo dell'11 dicembre scorso e delle chiese di Alessandria e di Tanta del 9 aprile, continua a consumarsi verso una comunità - quella dei copti - che ha avuto un ruolo decisivo nell'allontanamento di Mohamed Morsi. Al Sisi peraltro - cui pure si rimprovera di non fare abbastanza per la sicurezza dei cristiani egiziani - non hai mai fatto mancare l'attenzione nei loro confronti, partecipando alla Messa di Natale e contribuendo alla costruzione di nuove chiese.

Ma sarebbe un errore ignorare il filo conduttore che lega i pellegrini di Minya a Manchester, o a Stoccolma, o a Parigi, o a Berlino, o a Nizza. I terroristi si mostrano attivi nonostante gli insuccessi in Siria e in Iraq: è solo apparente la contraddizione per cui IS lì perde terreno, e poi incrementa gli attentati in Occidente o in zone dell'Egitto nelle quali propri militanti si sono rifugiati in fuga da Mosul o da Raqqa. IS cede territori, ma non è debellato: se avesse senso un G7 sarebbe solo - magari facendolo diventare G8 coinvolgendo la Russia - per rendere efficiente una coalizione contro il terrore, con una chiara ripartizione di compiti e una condivisione degli obiettivi che non sprechi energie e mezzi, con un raccordo reale tra i servizi di sicurezza e le forze di polizia dei singoli Stati.

In comune vi è pure l'odio nei confronti del cristianesimo: non importa se gli adolescenti colpiti al termine di un concerto siano fedeli praticanti, per il fatto di vivere in Europa nella rivendicazione dell'attentato sono qualificati «crociati» (nei Paesi a maggioranza islamica si va più a colpo sicuro). Può darsi che la nostra sensibilità è tenue quando gli attentati colpiscono altri perché non siamo così disponibili a cogliere quest'aspetto.

Se però non vale la logica, se non comprendiamo che l'aiuto concreto alle comunità cristiane ancora presenti nei luoghi dove vige la sharia è un aiuto a noi stessi, quel che sta accadendo deve convincerci di una cosa: parafrasando quel che Antonio Gramsci sosteneva a proposito della politica, anche se tu non ti interessi del terrorismo, questo terrorismo si interessa di te.

Alfredo Mantovano
presidente Fondazione
Aiuto alla Chiesa che Soffre

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica