Fisco, per una riforma forte serve un bottino da 40 miliardi

Il ddl delega non produrrà cambiamenti significativi. Franco: "Adesso bisogna solo lavorare per la crescita"

Fisco, per una riforma forte serve un bottino da 40 miliardi

Il ddl delega di riforma fiscale dovrebbe vedere la luce nella prima settimana di agosto visto che il premier Draghi ha sottolineato che il provvedimento non rientra nelle priorità del Consiglio dei ministri della prossima settimana. Poiché il ministro dell'Economia, Daniele Franco, ha rimarcato il proprio «no a uno choc in deficit», ma a anche rassicurato che non ci saranno nuove tasse, ne consegue che il testo che vedrà la luce è destinato a rimanere un bel libro dei sogni. Visto che, per il momento, di efficientare la spesa pubblica non si può parlare perché ci sono M5s e Pd in maggioranza.
Ma quanto costa una vera riforma fiscale? Secondo Simone Pellegrino, ordinario di Scienza delle Finanze a Torino e autore della Voce, gli interventi prioritari costerebbero circa 40 miliardi di euro. Di questi la metà sarebbero riassorbito dalla cancellazione dell'Irap che lo stesso Franco ha definito prioritaria in quanto questa imposta è «irragionevole». Ovviamente, queste risorse non ci sono e quindi l'imposta scomparirà nominalmente per essere riassorbita nell'Ires e in altri tributi locali visto che lo scopo principale è il finanziamento del Fondo sanitario nazionale.
Abbattere lo «scalone» Irpef abbassando l'aliquota del 38% che penalizza i redditi da 28mila a 55mila euro potrebbe costare fino a 25 miliardi. La simulazione di Pellegrino prevede la cancellazione del bonus Renzi (che, però, impatta maggiormente su chi ha un'aliquota fino al 27%) per recuperare una decina di miliardi e rendere meno ripida la curva delle aliquote marginali. Quanto all'Iva, il titolare del Tesoro ha preannunciato «interventi a parità di gettito», dunque è molto probabile una revisione delle basi imponibili e dei beni sottoposti a tassazione agevolata per incidere sull'aliquota ordinaria del 22% che per essere tagliata di un solo punto necessiterebbe di 4 miliardi. A conti fatti è più probabile che l'azione del ministero dell'Economia si concentri su misure di piccolo cabotaggio previste dal documento delle commissioni Finanze di Camera e Senato. Tra queste le deduzioni fisse per lavoro dipendente agli under 35 o una qualche forma di indennizzo per coloro che perdono la detrazione per il coniuge a carico che trova un impiego. Con 2-3 miliardi su questi fronti si può iniziare a pensare a un primo intervento.
Ieri lo stesso Franco ha ricordato che «tra pochi giorni la Commissione europea verserà i primi 25 miliardi» del Pnrr. «Abbiamo piani e fondi - ha aggiunto - ma non dobbiamo dare niente per scontato: bisogna lavorare, lavorare, lavorare». L'obiettivo più difficile, ha proseguito, «è tornare a crescere stabilmente: finita la fase pandemica è la vera sfida per il nostro Paese». Franco ha rimarcato che l'Italia «da tanti anni cresce poco, da 25 anni meno di altri Paesi con cui commerciamo, nel '95 il Pil pro capite era sopra la media europea ora siamo sotto: un cambiamento enorme». Per questo motivo è fondamentale che quest'anno il Pil cresca di «almeno 5 punti: vedremo se riusciremo a fare di più». Il punto è «recuperare in fretta quanto perso l'anno scorso (-8,9%; ndr)». A frenare gli entusiasmi ha pensato la Corte dei Conti.

Dei 56 grandi progetti approvati con il fondi della programmazione europea 2007-2013 per un valore complessivo di 7,6 miliardi, al 31 dicembre 2020, solo 34 progetti risultano ultimati e in uso. Intanto però, dopo aver incassato la fiducia, il decreto legge recovery è stato approvato dall'aula della Camera e ora il testo passa all'esame del Senato

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