Fontana, ecco la Onlus che difende il cognato

L'imprenditore contattò l'organizzazione. La direttrice: "Con noi sempre generosi"

Fontana, ecco la Onlus che difende il cognato

Milano - Tre messaggi su Whatsapp dimostrano, per la Procura di Milano, che il cognato di Attilio Fontana, Andrea Dini, tentò di rivendere i 25mila camici mai consegnati alla Regione Lombardia. La chat, riportata nel decreto di sequestro dei dispositivi di protezione presso la Dama spa, risale alla mattina del 20 maggio.

«Ciao, abbiamo ricevuto una bella partita di tessuto per i camici. Li vendiamo a 9 euro e poi ogni 1.000 venduti ne posso donare 100 al Ponte del sorriso», scrive Dini a Emanuela Crivellaro, presidente della onlus di Varese citata dall'imprenditore. La donna risponde: «Ma grazieee. Bellissimo! Sono ancora in contatto con il vostro amico Michele». E dopo circa 40 minuti: «Ho mandato un messaggio all'ing. Poggialini (della Asst Sette Laghi, ndr). Avrà bisogno di un preventivo. Gli ho dato il tuo numero così vi parlate direttamente». Nella stessa giornata, circa due ore dopo, Dini comunicherà in una mail a Filippo Bongiovanni, allora ad della centrale d'acquisto del Pirellone Aria spa, di aver deciso di tramutare la fornitura di 75mila camici (di cui 50mila già consegnati) in donazione. Su quello che i pm che indagano Fontana, Dini e Bongiovanni per frode in pubbliche forniture considerano un tentativo di vendita Emanuela Crivellaro è stata ascoltata come persona informata sui fatti. Ieri fonti della onlus hanno precisato che l'offerta di vendita non era specificamente diretta a loro, ma era «una comunicazione generica» mandata probabilmente «anche ad altri». E Crivellaro: «La famiglia di Andrea Dini è generosa e molto riservata nelle donazioni che vengono elargite in un vero spirito di solidarietà. Il Ponte del sorriso, che rappresento, ha da sempre beneficiato del sostegno sia di Dama spa sia dei coniugi Dini». In diverse occasioni «Dama ci aveva donato dei camici, che noi abbiamo consegnato ai nostri ospedali». La difesa di Dini, rappresentata dall'avvocato Giuseppe Iannaccone, ha smentito che l'imprenditore abbia provato a piazzare i camici non spediti alla Regione. La merce in effetti due giorni fa è stata trovata dalla Gdf nei magazzini della Dama.

Sul nodo della mancata consegna dei 25mila indumenti protettivi i pm sono convinti che tra Dini e qualcuno in Regione ci fosse un «accordo retrostante». Nella mail a Bongiovanni Dini scrive: «Come anticipato per le vie brevi...», ma dai tabulati non risultano altri contatti con l'ad di Aria. Il cellulare dell'imprenditore è stato sequestrato.

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