Tutti a casa alle 22. Ristoranti o non ristoranti. Una misura che divide l'Italia. I governatori volevano spostare le lancette di un'ora, fino alle 23, sostenendo le ragioni degli esercenti, che sostengono che riaprire la sera per sgomberare i tavoli alle 21,30 non ha senso.
I ristoratori si sentono presi in giro. L'apertura serale dimezzata dal coprifuoco e solo all'aperto quando ancora il caldo deve arrivare sa di presa in giro. Del resto, come fa notare Coldiretti, l'85 per cento degli incassi di bar, ristoranti e agriturismi in Italia deriva dal servizio al bancone e al tavolo negli spazi interni dei locali. E riaprire sia dentro sia fuori vorrebbe dire un beneficio per l'intera filiera agroalimentare che dall'inizio della pandemia ha perso 1,1 milioni di tonnellate di cibi e di vini invenduti.
Del resto il coprifuoco pare sia stata proprio una scelta politica. Il Cts, tirato in ballo, ha chiarito di non essere mai stato contattato. La scienza, stavolta, pare senza colpe. «Se si è deciso, come ha fatto il governo, di aprire i ristoranti e i bar all'aperto anche alla sera - dice il presidente del Friuli-Venezia Giulia e della conferenza delle regioni Massimiliano Fedriga - è ovvio che bisogna dare loro la possibilità di rimanere aperti e il coprifuoco alle 22 di fatto lo impedisce non permettendo loro di lavorare o di farlo in modo molto limitato». Sulla stessa linea Fratelli d'Italia: «Il tema in questo momento non è se le riaperture siano timide o coraggiose, il problema è la logica con cui si è agito. Sono state adottate soluzioni incomprensibili, come sulle riaperture dei ristoranti: che senso ha riaprirli a cena se poi si impone il coprifuoco alle 22? Un fatto che dimostra come al governo non si possano tenere insieme idee incompatibili come quelle dei partiti di centrodestra con il rigorismo di Speranza», dice il deputato e responsabile organizzazione del partito Giovanni Donzelli.
È un tema fatidico quello di bar e ristoranti, la cui chiusura secondo Coldiretti costa un calo del 2,1 per cento dell'industria alimentare. «Le riaperture, in questo modo, sono una presa in giro - dice Giancarlo Banchieri, presidente nazionale delle imprese di ristorazione, pub e servizio bar Fiepet Confesercenti -. Si acceleri sul green pass e si consenta alle persone che ne sono in possesso di consumare all'interno di tutti i bar e ristoranti, rendendoli di fatto locali Covid-Free già dalla prossima settimana e per tutta la durata di questa fase transitoria. Che comunque auspichiamo duri meno dei trenta giorni previsti. Permettere di riaprire solo all'aperto vuol dire, di fatto, escludere dalla ripartenza la maggioranza assoluta delle imprese. Non solo: la capacità dei dehors - di solito non superiore a un quinto di quella complessiva del locale - è del tutto insufficiente a sostenere l'attività. Al danno, oltretutto, si aggiunge la beffa di un meteo che si preannuncia difficile per tutta la settimana di ripartenza».
Ognuno si arrangia come può. Riccardo Poggiani, proprietario dell'enoteca «L'angolo del Buongustaio» di Castiglion del Lago, in Umbria, ha un'idea per contemperare l'esigenza di tenere ancora alta la guardia contro il Covid e la necessità di far ripartire l'economia: «Una sorta di green pass rappresentato dallo scontrino fiscale.
In sostanza, chiedo che i clienti possano cenare fino alle 21,50, pagare entro le 22 e poi avere un cuscinetto per poter tornare a casa. Mezz'ora sarebbe già una decisione importante, che cambierebbe in modo significativo il futuro per numerose imprese. Lo scontrino avrebbe una valenza solo di mezz'ora, necessaria per tornare al proprio alloggio».
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