Otto anni di carcere a Pietro Genovese per duplice omicidio stradale. Ubriaco, a velocità oltre i limiti, ha investito e ucciso due 16enni che tornavano a casa. La sentenza, letta ieri pomeriggio nell'aula bunker di Rebibbia dal gup Gaspare Sturzo, al termine del processo con rito abbreviato. Tre anni in più rispetto alla richiesta del pm per il figlio del regista Paolo Genovese. A ribaltare le accuse per il 21enne dei testimoni che la notte del 21 dicembre erano su corso Francia. Una guerra di perizie: gli esperti del Tribunale stabiliscono che Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli attraversano con il semaforo rosso, verde per le auto fra cui la Renault Koleos di Genovese, lontane 15 metri dalle strisce. «Un errore sin dall'inizio del punto di impatto», invece, per il legale della famiglia von Freymann, Giulia Bongiorno. Del resto i testimoni sono sicuri: Gaia e Camilla erano sul passaggio pedonale. Il perito scrive: «L'incidente poteva essere evitato se l'auto fosse andata piano e se Genovese non si fosse ritrovato in uno stato d'alterazione».
È sabato prima di Natale: le due ragazzine passano la serata con gli amici a Ponte Milvio. È tardi: un messaggio della mamma di Camilla e le due amiche si precipitano verso casa. Devono attraversare corso Francia per salire su Collina Fleming. Il buio, la pioggia e un serpentone di auto: Gaia e Camilla si tengono per mano e attraversano lo stesso. David Rubin Mosche, alla guida di una Smart, le vede e si ferma davanti a loro. Jacopo Daliana, a piedi, vede la Koleos che sfreccia ad almeno 80 chilometri orari. Genovese le centra in pieno. La scena è raccapricciante. I passeggeri del suv urlano di fermarsi. Pietro percorre altri 250 metri, l'auto va in «protezione» e lui accosta sotto la tangenziale. Voleva fuggire? Davide Acampora, seduto davanti, racconta delle due sagome volare in aria e il crossover spegnersi sullo svincolo per l'Olimpica. Tommaso Edoardo Fornari Luswergh, seduto dietro, sente solo le urla subito dopo, e non prima, dell'impatto. Genovese, del resto, è poco reattivo per il vino bevuto per cercare di fermarsi o schivarle. Il suo tasso alcolemico è di 1,4 mg/litro, tre volte tanto il massimo consentito. Non solo. Il ragazzo ha ripreso a guidare dopo la sospensione della patente proprio per guida in stato di ebrezza, per degli spinelli e per essere passato più volte con il semaforo rosso. Gli esami tossicologici stabiliscono che è «non negativo» a cannabis e cocaina, droghe che restano nel sangue molti giorni. Nessuna certezza, insomma, sull'assunzione di hashish e coca la sera del duplice omicidio e l'aggravante resta solo lo stato di ebrezza. Emiliano Annichiarico ricorda: «L'auto procedeva a un'andatura esagerata, () la parte anteriore dell'auto si è lievemente inclinata in basso, malgrado ciò l'impatto è stato inevitabile e violentissimo». I rilievi dei vigili urbani, però, non trovano segni di frenata. Soddisfatto della sentenza Domenico Musicco, presidente dell'Avisl, Associazione Vittime degli Incidenti Stradali sul Lavoro, promotore della legge sull'omicidio stradale.
«Il giudice è andato ben oltre i 5 anni chiesti dal pm - dice l'avvocato Musicco - È stato cancellato il concorso di colpa che avrebbe ridotto della metà la pena ed è stata applicata la legge in modo giusto e con una condanna effettiva. Le aggravanti erano molte: alcol, velocità e tentata fuga. Una pena più bassa sarebbe stata uno sfregio per le vittime e un premio ingiusto per Genovese».
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