La politica energetica nazionale è una delle priorità dell'Italia in una fase così delicata dal punto di vista economico, politico e geostrategico. Il Parlamento, quindi, la snobba.
È successo ieri alla Camera dei deputati, con il presidente della commissione Finanze Luigi Marattin (Italia Viva) che aveva invitato il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti a tenere un'audizione per parlare del dl Aiuti, il decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale una ventina di giorni fa che contiene "Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina".
A quanto pare, però, molti onorevoli non lo ritengono così urgente, e hanno scelto di disertare l'audizione scivolata via con pochissimi presenti e zero domande. Viste le gravose criticità come riprendersi dal superponte dello scorso weekend e l'anticiclone africano che spadroneggia sull'Italia, agli onorevoli era stata pure concessa la possibilità di partecipare all'audizione in videoconferenza. Invece, oltre al deserto in Aula, collegati da remoto c'erano 15 deputati su un totale di 94, 48 componenti della commissione Finanze e 46 della commissione Bilancio.
Davvero una bella figura agli occhi dei lavoratori, delle imprese e delle famiglie direttamente interessate dagli interventi di sostegno contenuti nel decreto legge, molti dei quali collegati, loro sì, in diretta sul canale satellitare della Camera per ritrovarsi di fronte ad una audizione con l'eco.
Come riporta Il Messaggero, Marattin ha avuto almeno il buon cuore di invitare sottilmente i colleghi a vergognarsi: "Rivedremo in senso ancor più restrittivo le audizioni nei provvedimenti di cui saremo responsabili. Ringrazio molto il ministro Giorgetti e mi scuso per quanto accaduto. I deputati hanno pieno diritto di fare oppure non fare domande, ci mancherebbe altro, ma non penso ci facciamo una bella figura a chiamare un ministro in audizione e poi non fargli neanche una domanda".
Negli ultimi anni, a più riprese, diversi leader politici hanno denunciato la perdita di centralità da parte del Parlamento e lo squilibrio del potere legislativo in favore di quello esecutivo. Evidentemente il clima di emergenza durato ben due anni causa Covid, durante i quali la stragrande maggioranza dei compiti è stata delegata agli esecutivi guidati da Giuseppe Conte prima e Mario Draghi poi, deve aver convinto gli stessi parlamentari del loro ruolo marginale ed accessorio, tanto da spingerli a chiamarsi fuori anche dalle audizioni su temi che riguardano un potenziale conflitto mondiale e il suo impatto economico-finanziario sull'intero Paese.
La distanza tra i cittadini e il Palazzo è diventata così sempre più ampia.
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