A pochi giorni dal referendum esplode nella Lega la spaccatura tra la linea ufficializzata da Salvini, per il Sì, e la pancia del partito che invece tifa per il No. A partire da colonnelli ed ex ministri, quindi non seconde linee. A portare la questione allo scoperto è proprio il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, che si schiera apertamente per la bocciatura della modifica costituzionale al vaglio del referendum. «Un semplice taglio dei parlamentari in assenza di altre riforme è improponibile. Tagliare del 40% i parlamentari darebbe un potere senza limite alle segreterie di partito, limitando di parecchio la volontà popolare. È una deriva da evitare con forza. Anche perché sarebbe un favore ad un governo in difficoltà. Il governo Conte è inadeguato. Ed è anche per questo che voterò No» dice Giorgetti in un comizio nel milanese. Eppure la Lega ha votato per tutte e quattro le volte, in Parlamento, per il taglio dei parlamentari, che era persino nel programma elettorale del partito di Salvini. L'aria però è cambiata, il vento dell'antipolitica - forse come effetto indiretto dell'emergenza sanitaria - è molto meno forte che in passato, le ragioni del taglio dei parlamentari stanno diventando più impopolari rispetto a quelle di chi si oppone. Ma soprattutto, la Lega non può fare campagna per il Sì, voto che rafforzerebbe i Cinque stelle e il governo. Per questo motivo l'intenzione di votare No è molto diffusa tra i leghisti. E Salvini? Il segretario non può rinnegare la linea tenuta finora, quindi conferma il Sì ma lascia libertà di voto ai leghisti. «A differenza di Renzi non cambio idea a seconda della convenienza - ha spiegato il segretario della Lega - Ho votato quattro volte in parlamento per il taglio dei parlamentari e quindi voterò sì. Ho una faccia, mi chiamo Matteo, non sono come Renzi e il Pd che hanno sempre votato No in Parlamento e ora invece votano Sì per salvare la poltrona».
L'uscita di Giorgetti viene letta però da qualcuno come una mossa combinata con il leader. Cioè: non possiamo contraddirci e invitare a votare No, però sappiate che se viene bocciata la riforma di Di Maio non ci dispiace affatto, anzi. In effetti se nei giorni scorsi erano poche ed isolate le voci leghiste che si alzavano per «disobbedire» all'indicazione del capo, ora si moltiplicano. Anche l'ex ministro Gian Marco Centinaio, molto vicino a Salvini, fa outing per il No. «Questa non è la riforma giusta della nostra Costituzione. Se vogliamo riformare il nostro Paese, bisogna riformarlo a 360 gradi in tutti gli organi costituzionali. Non so nella Lega quanti parlamentari voteranno no, so solo che tanti colleghi non si esprimono e come al solito, come diceva Don Camillo Dio ti vede nell'urna, qualcun altro no...». Dubbiosi anche i vice di Salvini: «Io voterò Sì per coerenza con le scelte che abbiamo fatto - spiega Lorenzo Fontana-. Ma questa riforma è monca e non è quello che serve al Paese».
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