“Da quando in qua le donne giocano. Il completino puoi metterlo in tribuna”. Sono queste le parole che l’ex dirigente della nazionale cantanti Gianluca Pecchini ha rivolto all’attrice Aurora Leone nel corso della cena della vigilia della Partita del cuore chiedendole di lasciare il tavolo dei giocatori. L’attrice era tra i personaggi convocati per partecipare alla lodevole iniziativa, raccogliere fondi in favore della Fondazione Piemontese impegnata nella lotta al cancro. Deprecabili, invece, sono le parole dell’ex dirigente. Aurora Leone, sostenuta dal collega e amico Ciro Priello dei The Jackal, ha immediatamente denunciato l’accaduto sollevando un’ondata di indignazione che ha portato alle dimissioni di Pecchini. Inoltre Eros Ramazzotti, veterano della nazionale cantanti, ha annunciato che non scenderà in campo.
Di questo triste episodio ne abbiamo parlato con Giusy Versace, atleta paralimpica, donna di spettacolo e parlamentate di Forza Italia impegnata in Commissione Affari Sociali con delega del gruppo alle pari opportunità e disabilità.
Cosa pensa delle parole dell’ex dirigente della nazionale cantanti Gianluca Pecchini all’attrice Aurora Leone?
“Io conosco la nazionale ed è fatta di gente per bene che ha sempre lavorato per includere e non escludere. Detto ciò la battuta infelice, se vogliamo dire così, nel 2021 fa cadere le braccia a terra. Ho scritto un post dicendo proprio questo. Mi dispiace per l’attrice, Aurora Leone, mi dispiace per il messaggio che viene fuori, mi dispiace che queste cose in quel possano offuscare il buono che c’è nell’iniziativa della nazionale cantanti. Deve emergere che c’è un’iniziativa solidale che c’è un numero a cui mandare un sms a cui donare. Personalmente non posso che dare massima solidarietà alla ragazza ed essere dispiaciuta per questa infelice frase”.
Perché, secondo lei, alcuni uomini pensano di poter discriminare una persona perché donna?
“Frasi come quelle oggetto di discussione, discriminatorie, io le attribuisco a un livello di superficialità e ignoranza, non tanto di cattiveria. Penso che abbiamo bisogno di una svolta culturale importante. Per ottenerla dobbiamo partire dai più piccoli. Sui grandi è più rognoso ma non impossibile. Rattrista che nel 2021 stiamo ancora a parlare di queste cose. Questo dimostra che le donne si devono corazzare e coalizzare ancora di più. Anche se c’è tutto un mondo di uomini che è dalla nostra parte, come Ciro Priello, attore e amico che era con Aurora Leone, e che si è schierato dalla sua parte. Peccato per la triste battuta di Pecchini. Se la sarebbe potuta risparmiare”.
Cosa ne pensa delle dimissioni di Gianluca Pecchini?
“Credo che abbia fatto bene, per salvaguardare la nazionale cantanti. Una realtà che conosco, seguo da tempo ed è sempre stata inclusiva. Al di là delle dimissioni e dal fatto che ha dichiarato che avrà modo di chiarire con la ragazza forse fare delle scuse pubbliche a tutte le donne. Queste cose distolgono l’attenzione dall’obiettivo di queste serate che è raccogliere fondi per la ricerca contro il cancro. Negli anni la nazionale ha incluso tante donne non sarebbe la prima volta”.
Lei è mai stata invitata?
“No ma la seguo e la supporto dall’esterno da persona attenta al sociale. Ho fatto anche la conduttrice ma non c’è mai stato modo di lavorare insieme”.
A lei è mai capitato di essere discriminata sul lavoro?
“Prima dell’incidente io avevo già una carriera importante. A 28 anni ero manager responsabile Europa. I miei pari grado erano tutti uomini, a parità di ruolo io ero sottopagata, il mio stipendio era inferiore. Quando sono tornata dopo il mio incidente, tra l’altro sul lavoro, dopo un anno di cure, ho trovato un mazzo di fiori e non la scrivania. Mi hanno detto “bentornata” ma poi mi hanno parcheggiata lì, un anno senza sapere cosa fare. E ho dovuto tirare gomitate per dimostrare di essere ancora in grado di produrre. E ho imparato a fulminare con lo sguardo il primo tentativo di discriminazione”.
E in ambito sportivo?
“Sa nello sport agonistico parla il cronometro. Però a volte è capitato che qualcuno cercasse di impedirmi di gareggiare, a volte cercavano di non convocarmi in gare importanti ma alla fine il cronometro parla sempre. Tendenzialmente non sono stata discriminata in quanto donna ma in quanto donna disabile pensante e parlante. Però devo dire che ho sempre trovato modo di riassettare gli equilibri. Io sono stata la prima donna in Italia a correre senza due gambe, mi dicevano che prima di me non l’aveva fatto nessuno. Io rispondevo che potevo essere la prima e dopo ne sarebbero arrivate alte. E così è stato. Vivo a Milano da molto ma sono terronissima nel DNA, se qualcuno mi dice “questa cosa non la puoi fare” io la faccio per dispetto. È venuta fuori la calabrese che è in me e non mi sono più fermata”.
Cosa si dovrebbe fare per rendere più inclusivo il mondo dello sport, sia nei confronti delle donne che nei confronti di chi ha una disabilità?
“Intanto bisogna lavorare sulla cultura. Perché siamo sotto questo aspetto ancora molto indietro. Lavorare meglio nelle scuole, portare lo sport nelle scuole. Perché lo sport rappresenta valori. Insegna a rispettare le regole, la vita, gli avversari e te stesso. Non si gioca per annientare l’altro, finita la gara si può andare a mangiare una pizza insieme. Io ho portato avanti una battaglia per l’equiparazione degli atleti paralimpici in forza nei gruppi sportivi militari e corpi dello Stato agli atleti normodotati. I paralimpici non avevano tutele sanitarie, contributi, stupendi e nemmeno quella preziosa opportunità, alla fine della carriera agonistica, di scegliere se prendere servizio all’interno del corpo o del ministero di appartenenza. Ho lavorato per la modifica di una norma che ha raccolto un consenso trasversale. L’anno scorso l’ex ministro Spadafora l’ha voluta inserire all’interno dei decreti per la riforma dello sport, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed è diventata legge. Ora mancano i decreti attuativi che saranno fatti entro il 2 luglio poi finalmente anche gli atleti paralimpici si vedranno riconoscere le stesse opportunità degli altri atleti: stipendi, tutele sanitarie, contributi e la possibilità di avere una cartiera lavorativa all’intero del ministero del corpo di appartenenza alla fine della carriera agonistica”.
Una grande svolta per tutti gli atleti paralimpici.
“Sì, lo è. Non si chiamerà legge Versace perché non ero al governo ma la legge porta il mio DNA perché il testo l’ho presentato io. E poi ho lavorato per approvare l’istituzione di un fondo che consente la copertura per gli ausili di tecnologia avanzata per la pratica sportiva. Oggi non sono coperti dal sistema sanitario nazionale. Lo sport agevola l’inclusione, per molti rappresenta la scusa per uscire di casa. Ma se per svolgere l’attività hai bisogno di un ausilio che lo Stato non passa ti devi affidare o alle piccole onlus come la mia o alle raccolte fondi. Ho presentato una proposta di legge per inserire il diritto allo sport in costituzione. Così come lo riconosce la convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità che ha dedicato un intero articolo allo sport”.
Crede nell’efficacia delle quote rosa per favorire l’inclusione?
“Io non sono un’amante delle quote rosa e delle giornate internazionali però bisogna riconoscere che sono strumenti che servono a tenere accesi i riflettori su tematiche che vengono reputate di minoranze. Le donne fanno ancora fatica, devono sgomitare per farsi riconoscere i propri diritti e i propri ruolo. Inoltre le donne con disabilità sono doppiamente discriminate, in quanto donne e in quanto disabili. Tagliate fuori dal mondo del lavoro non solo nello sport. Adesso con la nuova giunta del CONI abbiamo due donne al vertice. C’è ancora da lavorare in questo senso nel comitato paralimpico ma arriveremo anche lì. Ci sono tante donne competenti che hanno voglia di dare il loro contributo. C’è tutto un mondo di donne con disabilità che ha voglia di dare il suo contribuito. Spesso si fa l’errore di pensare alla disabilità come a un peso per la società quando invece dovrebbe essere una risorsa. Io spesso dico che ho perso le gambe non i neuroni, anzi mi impegno più di prima”.
Ultima domanda, cosa consiglierebbe a una donna che viene discriminata in quanto donna?
“Dico che non deve mollare. Conosco tante donne che tornate dalla maternità non hanno ritrovato il proprio posto. O donne alle quali durante il colloquio di lavoro è stato chiesto se intendessero avere figli. Io dico: mai mollare perché si trova un cretino davanti.
Ripeto, tante volte l’ignoranza fa dire cose di cui ci si pente. Io spero che tutte le frasi inappropriate pronunciate che continuano ad essere pronunciate creino quei sensi di colpa che portino i soggetti a provare un minimo di vergogna e rimorso”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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