«Gli incentivi per le macchine elettriche sono in gran parte inutilizzati. Costano troppo, sono appannaggio dei ricchi, non possiamo fare una strategia per i ricchi ma per tutti». È quanto ha dichiarato ieri il ministro delle Imprese, Adolfo Urso (in foto). «L'Italia è in ritardo» sulla transizione nel comparto auto e dobbiamo «accelerare sugli investimenti» ma i «tempi e modi che l'Europa ci impone non coincidono con la realtà», ha aggiunto sottolineando che «non possiamo affrontare la realtà con una visione ideologica e faziosa che sembra emergere dalle istituzioni europee».
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha anticipato che «l'Italia avanzerà una sua controproposta: limitare la riduzione al 90%, dando la possibilità alle industrie di adeguarsi». L'esponente azzurro ha definito «un errore grave» la decisione dell'Europa di mettere fine alla costruzione di motori termici dal 2035. Il ministro dell'Ambiente, Gilberto Pichetto, ha evidenziato che «la tempistica non è compatibile economicamente e socialmente: al momento l'auto elettrica è un'auto per i più ricchi».
Maurizio Marchesini, vicepresidente di Confindustria, ha rimarcato che la decisione del Parlamento Ue «potrebbe avere in Italia un effetto Cuba: la gente non potrà comprare le auto elettriche perché troppo costose, e continuerà a girare con auto sempre più vecchie». Il vicepresidente di Confapi, Corrado Alberto, ha lanciato l'ennesimo allarme riguardante le piccole e medie industrie italiane. «Sono a rischio oltre 2.200 aziende del comparto e 195mila posti di lavoro: abbiamo sempre sottolineato a tutti i livelli istituzionali le criticità che questa misura comporta», ha dichiarato.
Il presidente di Federcarrozzieri, Davide Galli, ha puntualizzato che il danno per i
consumatori è doppio. «In caso di guasti o danni che non interessano unicamente la carrozzeria, presentano spese di riparazione sensibilmente più elevate, traa il +18% e il +30% rispetto alle auto a benzina o diesel», ha spiegato.
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