Il governo scarica Mister Tagli E sbaglia i conti: crescita ferma

Voci sulle dimissioni di Cottarelli, il premier lo gela: «Avanti anche senza di lui» Padoan ammette il flop: «Situazione meno favorevole di quanto speravamo»

RomaMatteo Renzi affronta “di petto” i conti pubblici. E batte sul tempo anche l'Istat. «I dati economici sono altalenanti - dice il presidente del Consiglio - La crescita è decisamente più bassa di quella che ci aspettavamo». Pertanto, «non siamo in condizioni di avere un percorso virtuoso che avevamo immaginato». La ripresa a livello europeo - annuncia - non sta arrivando o sta arrivando in modo meno forte.

Poche ore prima, Pier Carlo Padoan aveva ammesso: «la situazione economica in Italia è meno favorevole di quello che speravamo ad inizio anno». E l'Istat certifica: i segnali provenienti da famiglie ed imprese «sembrano delineare una fase di sostanziale stagnazione dell'attività economica». E nel Bollettino di luglio prevede un'ulteriore riduzione dell'inflazione nei prossimi mesi.

Renzi, a Borsa chiusa, rilancia in tema con maggiore enfasi. In Europa «le cose vanno cambiate non perché noi abbiamo bisogno di più tempo, ma perché sennò salta l'Eurozona». Rivendica il ruolo dell'Italia nell'ultimo Consiglio europeo. Come quello che «ha portato Juncker a dire dei 300 miliardi per gli investimenti. Poi - riflette a voce alta il premier - magari non lo farà. Ma resta che l'Europa deve cambiare approccio». Rilancia il tema della crescita e lamenta: «l'Italia sconta un pregiudizio a livello europeo: non abbiamo fatto tutto quello che è nelle nostre possibilità per riprendere a correre. Se lo avessimo fatto - commenta - la nostra autorevolezza in Europa sarebbe molto più forte».

Il premier, poi, sembra non aver gradito lo sfogo dell'altro giorno di Carlo Cottarelli (che ora, laconico, commenta: «niente da segnalare. Il lavoro continua»). Così di mister “spending review” dice, a proposito delle ventilate dimissioni: «Lo rispetto, lo stimo. Farà quello che crede. Non è lui il punto fondamentale. Noi la “spending review” la facciamo anche se va via».

Nella foga, il presidente del Consiglio si fa scappare anche un annuncio. «I numeri (del deficit) non sono un problema». Con i 16 miliardi di risparmi attesi dalla “spending review” il rapporto deficit/pil nel 2015 arriverebbe al «2,3%». Una formula che, implicitamente, ammette che al momento il deficit nominale è al 3,3%. I 16 miliardi rappresentano l'1% del pil. Quindi, se questi venissero sottratti all'andamento del deficit per arrivare al 2,3%, vuol dire che ora il disavanzo tendenziale è al 3,3%.

In realtà, al ministero dell'Economia i tecnici - in assenza di indicazioni politiche - stanno elaborando esercitazioni su valori più alti. Vale a dire, che stanno ragionando su manovre per il 2015 comprese tra i 20 ed i 24 miliardi. In quanto, oltre alla correzione del deficit nominale (i 16 miliardi di cui parla Renzi), considerano anche formule di copertura per gli “80 euro” e per estendere benefici fiscale ad una platea più ampia di contribuenti.

Il presidente del Consiglio torna ad invocare la flessibilità di bilancio prevista dai Trattati. Viene riconosciuta - sottolinea - ai Paesi «che fanno riforme strutturali come quelle che stiamo facendo, a partire da quella del sistema politico».

A Bruxelles, però, avrebbero preferito altri tipi di riforme. Come quella del pubblico impiego. Tratteggiata da Cottarelli nella «sua» spending review e solo accennata dalla riforma Madia. Comunque mercoledì prossimo Padoan spiegherà l'andamento dei conti pubblici in Parlamento.

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