Il governo trova 10 miliardi per la crescita

RomaI numeri sono rimasti ballerini fino all'ultimo momento. A poche ore dal Consiglio dei ministri chiamato ad approvare la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, Def, il ministero dell'Economia ha organizzato una riunione: i numeri non tornavano. E nel bel mezzo dell'incontro tecnico, l'Istat ha diffuso la previsione che anche nel terzo trimestre la crescita sarebbe stata negativa.

Il quadro di finanza pubblica disegnato dalla Nota di aggiornamento è «molto peggiorato rispetto al Def precedente», annuncia il ministro dell'Economia. Quest'anno la crescita sarà negativa per lo 0,3%. E il deficit rimarrà al 3%. Il debito salirà quest'anno al 131,7%, e il prossimo al 133,4%. Lo stesso documento presuppone che il pil del 2015 cresca almeno dello 0,5%; nonostante i timori dell'Istat a riguardo. Ne consegue che il deficit tendenziale del prossimo anno si dovrebbe fermare - nei programmi del Mef - al 2,2%, rispetto all'1,8% programmato. Come a dire: se il governo non intervenisse in alcun modo sui conti pubblici, il deficit scenderebbe al 2,2%.

Ma non sarà così. Come sottolineato più volte da Renzi e da Padoan, il governo punta a portare il deficit programmato al 2,9%. Ne consegue che avrà uno 0,7% di pil a disposizione per finanziare le misure a favore della crescita. Vale a dire, 10,5 miliardi. Più o meno il costo per la finanza pubblica degli 80 euro. Questa voce coprirà circa il 50% della manovra del 2015. Il resto verrà da un taglio della spesa dei ministeri ed enti locali (6/8 miliardi) e da misure finanziarie una tantum (2/4 miliardi). Sembra sia stata accantonata l'ipotesi di utilizzare nella manovra - sottoforma di nuova spesa - i 6 miliardi di riduzione dello spread.

La Nota di aggiornamento tra le righe annuncia che la correzione strutturale del deficit sarà limitata allo 0,2%, contro lo 0,5% chiesto dai Trattati europei: arriverà dal prossimo anno, dice Padoan. E il pareggio di bilancio ci sarà nel 2017. Da un punto di vista tecnico, la crescita del pil inferiore ai livelli previsti (dall'1 allo 0,5%) consente all'Italia di ammorbidire gli interventi per rispettare sia la riduzione strutturale del deficit (02, contro 0,5%) sia il livello di disavanzo nominale (2,9, contro l'1,8%). Pertanto, la Commissione europea non dovrebbe - in virtù della congiuntura negativa - avviare una procedura d'infrazione per il mancato rispetto dei valori programmati. Salvo che a Bruxelles non prendano in considerazione un altro indicatore: il pil potenziale.

Da notare che questi livelli di deficit sono stati resi possibili grazie alla rivalutazione del pil, operato attraverso il calcolo del contributo alla ricchezza determinato da prostituzione e droga. Al Mef hanno calcolato che i due fenomeni hanno contribuito ad aumentare dello 0,2% il profilo storico del pil. Potrebbe essere un boomerang qualora la Commissione dovesse prendere in considerazione il pil potenziale.

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