Il gran rifiuto di Napolitano: "La mia deposizione è irrilevante"

L’ex capo dello Stato scrive alla Corte d’assise di Caltanissetta che lo ha citato al processo Borsellino quater e chiede di rivedere la decisione: ho già deposto al processo sulla trattativa Stato-mafia, nulla da aggiungere

Il gran rifiuto di Napolitano: "La mia deposizione è irrilevante"

Ci aveva già provato, senza successo, quando era capo dello Stato in carica. E infatti, nonostante la sua lettera, Giorgio Napolitano poco più di un anno fa è stato costretto a deporre al processo sulla trattativa Stato-mafia in corso tuttora a Palermo. Ma nonostante il precedente che lo ha visto sonoramente sconfitto nonostante il blasone del Quirinale, il presidente emerito non demorde. E così, citato dalla Corte d’Assise di Caltanissetta, su richiesta di salvatore Borsellino, come testimone al processo Borsellino quater, ecco che prende di nuovo carta e penna e scrive alla Corte, per dire che la sua deposizione è «irrilevante» e che non ha nulla né da dire né da aggiungere a quanto già detto - e che peraltro è stato anche pubblicato sul sito del Quirinale - ai giudici e ai pm di Palermo.

Il gran rifiuto-bis di Napolitano a essere di nuovo tirato per la giacca e trascinato a un processo di mafia è stato reso noto attraverso una lettera di cinque pagine, depositata agli atti del dibattimento. L’ex capo dello Stato, oltre a sottolineare l’irrilevanza della sua deposizione e l’eccessiva ampiezza del capitolato di domande cui, in qualità di teste, dovrebbe rispondere, chiede che la decisione venga rivista. Domani la questione arriverà in Aula. Le parti si pronunceranno e poi dovrà decidere il collegio. Anche se, visto il principio dell’oralità che anima il processo penale - la prova si forma in aula, attraverso le deposizioni - è ben difficile che la Corte faccia dietrofront e che la citazione venga revocata.

Il disappunto di Napolitano traspare però dalla lettera. Secondo il presidente emerito la sua eventuale «deposizione al processo Borsellino non sarebbe rilevante e sarebbe ripetitiva», visto che ha già deposto al processo sulla trattativa Stato-mafia: «In quell’occasione - ricorda - nel rispondere alle domande della pubblica accusa e delle altre parti del processo, ho avuto modo di illustrare ampiamente fatti e vicende politico-istituzionali di cui sono venuto a conoscenza nella mia qualità di Presidente della Camera nello stesso giro di anni e in relazione ad accadimenti storici largamente coincidenti. La ripetizione di quelle dichiarazioni o l’eventuale evocazione di altri ricordi personali, peraltro lontani nel tempo, attinenti a vicende connesse, non darebbero lumi su nulla di significativo». Di più. Napolitano contesta anche l’ampiezza del capitolato: «Sorprendente - si legge nella lettera - e per me inesplicabile, è la richiesta che io riferisca su quanto a mia conoscenza sui fatti di cui ai capi di imputazione e sulle persone a vario titolo coinvolte.

Sorprendente per la sconfinata comprensività della richiesta, non meno che per la sua assurda vaghezza». Quindi afferma di non sapere nulla, dato che era presidente della Camera nel 1992, circa la nomina a ministro dell’Interno di Nicola Mancino, e di non avere nulla «da spiegare o da chiarire» circa una lettera che lui stesso indirizzò, il 29 giugno del 2012, alla figlia dell’ex capo dello Stato Oscar Luigi Scalfaro, in occasione dell’anniversario della morte del padre.

Lettera in cui, nel finale, Napolitano scriveva di aver «sentito il bisogno di cogliere questa occasione (il primo anniversario della morte di Scalfaro, ndr) per dare una testimonianza di verità di fronte al riaccendersi di dibattiti retrospettivi, la cui legittimità è certamente fuori questione ma in cui talvolta si smarrisce il senso dell’obbiettività e della misura».

La deposizione di Napolitano, per il momento, resta fissata al prossimo 14 dicembre. Pur non essendo più presidente della Repubblica, Napolitano sarà comunque sentito a Roma, a Palazzo Giustiniani.

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