«Continuo a pensare che proprio l'Italia sarebbe il posto ideale per una flat tax»: lo ha affermato a Repubblica l'economista statunitense Arthur Laffer, uno dei massimi consiglieri economici del presidente Usa, Ronald Reagan. A lui si deve la «curva di Laffer», che teorizza un calo del gettito fiscale in corrispondenza di tasse troppo elevate. Anche dai suoi consigli nasce la Reaganomics, una ricetta che faceva del taglio del prelievo fiscale il perno principale per rilanciare l'economia.
Lo scenario era quello degli anni Ottanta, dove il mondo faceva i conti con un'inflazione anche più alta di ora (negli Usa, nel 1981 era all'11,8%) e con una Federal Reserve che, con a capo Paul Volcker, varava una cura da cavallo fatta di forti rialzi dei tassi d'interesse. All'inizio del suo primo mandato, Reagan portò l'aliquota massima sulle persone da circa il 70% al 50 per cento. E, dopo alcuni correttivi, varò un secondo intervento durante il secondo mandato, con cui abbassò l'aliquota più alta al 28% e tagliò le tasse alle aziende portando l'imposta massima dal 46 al 34 per cento. Anche per questo, dopo il calo del 1982, il Pil americano crebbe in modo sostenuto dal 1983 fino alla fine del mandato (con una punta del +7,2% nel 1984).
La situazione degli anni Ottanta ha punti in comune con quella odierna. A partire dall'inflazione che ieri, secondo i dati divulgati da Eurostat, a luglio ha raggiunto la cifra record dell'8,9% nell'Eurozona e del 9,8% nell'Europa a 27. E l'Italia? Il nostro Paese ha conosciuto un lieve rallentamento del dato armonizzato (a 8,4% da 8,5%) che rimane comunque a livelli elevatissimi. Sono dati che incoraggiano ancora di più la Banca centrale europea a proseguire sulla strada dell'aumento dei tassi d'interesse. «Le preoccupazioni che avevamo a luglio non sono state alleviate», ha dichiarato ieri Isabel Schnabel, del Comitato esecutivo della Bce, che ha poi aggiunto di «non escludere la possibilità che stiamo entrando in una recessione tecnica». Tradotto: la priorità della Bce, al momento, è far ritornare i prezzi nei ranghi, anche a costo di causare una recessione. E con questo prendono decisamente quota le possibilità di altri forti rialzi dei tassi dopo quello di mezzo punto di luglio (che molto probabilmente sarà replicato anche l'8 settembre, giorno della prossima riunione dell'istituto guidato da Christine Lagarde).
Se l'inflazione dovesse durare, le banche centrali proseguirebbero con il percorso di rialzo dei tassi. Allora, a quel punto, una mossa alla Reagan sulle tasse potrebbe essere il giusto trampolino per ridare slancio al Pil anche in Italia. Uno strumento che va in questa direzione, ovvero l'abbassamento delle tasse, potrebbe essere proprio la flat tax, come suggerisce lo stesso Laffer: «Avete un sistema complesso, a volte ingiusto, sovraccarico di ogni possibile scappatoia, ma non sarebbe meglio una tassa sola precisa e chiara eliminando il ginepraio di agevolazioni e detrazioni?». L'accademico Usa ipotizza di mantenere le agevolazioni solo per i meno abbienti. «Meno aliquote fino a una sola», aggiunge, «e tasse mediamente più basse sono una ricetta per lo sviluppo».
L'Italia dovrebbe rivedere la sua spesa pubblica e darsi obiettivi realizzabili. Però lo choc positivo dell'abbassamento delle tasse porterebbe a una crescita economica e, infine, anche a un beneficio per le casse pubbliche.
Per gli Usa di Reagan è accaduto: negli otto anni di mandato il gettito fiscale è aumentato dai 517 miliardi di dollari del 1980 ai 1032 del 1990, l'inflazione è scesa fino al 4,7% e il reddito pro capite è cresciuto del 16,8 per cento.
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