
Un paio di mesi fa le elezioni parlamentari in Groenlandia sarebbero interessate, forse, solo ai groenlandesi e a nessun altro e avrebbero avuto lo stesso appeal di un'elezione di condominio. Dopo l'insediamento di Donald Trump e le sue ambizioni coloniali sull'isola che è territorio della Danimarca, sono diventate un affare mondiale. Ansia e attesa per conoscere chi saranno i 31 deputati dell'Inatsisartut ma soprattutto grande curiosità per sapere quali saranno le conseguenze del voto, dato che le ultime sparate di Trump hanno acceso sull'isola la voglia di indipendenza.
Né Danimarca né Stati Uniti, il motto di quattro dei 5 partiti in lista, con l'eccezione dei centristi pro-UE e anti-indipendenza del Suleqatigiissitsisut (il Partito della cooperazione). Per gli altri in corsa il punto non è tanto se voler essere indipendenti ma quando. «Al più presto», per il partito nazionalista Naleraq attualmente all'opposizione. Ma razionalmente di parla di un processo di medio-lunga durata, almeno 8 anni, probabilmente di più, «ma dipenderà da come andranno i negoziati tra Groenlandia e Danimarca», spiegano. Un processo che sull'isola è iniziato già dal 2009. I circa 56mila abitanti, la maggior parte dei quali di origine indigena Inuit, rivendicano con forza il proprio essere groenlandesi. «La situazione è cambiata a causa di Trump e del mondo, l'indipendenza dobbiamo farla più rapidamente possibile», spiegano dal partito socialdemocratico. «Meritiamo di essere trattati con rispetto e non penso che il presidente americano lo abbia fatto da quando si è insediato», ha detto il premier Mute B Egede, leader del partito Inuit Ataqatigiit. Perché Trump ha messo gli occhi sull'isola è chiaro. Solo motivi economici, dato che la Groenlandia è ricca di quelle terre che rappresentano la nuova frontiera dell'economia globale. Ma anche per via della posizione geografica di questa enorme isola in gran parte ghiacciata non distante dalle coste del Canada, altro obiettivo di Donald. Presente anche una base spaziale strategica a Pituffik, dove il personale militare Usa è di stanza dal 1951.
Pochi quelli che spingono verso Washington, tra questi Gerth Josefsen, un pescatore 53enne di Nuuk fino a poco tempo sconosciuto ma diventato celebre per il suo cappellino MAGA, Make America Great Again, quando ha orgnizzato la visita sull'isola del rampollo di Trump Donald Jr, e molto fiero di essere stato ricevuto ufficialmente dal presidente nella sua residenza di Mar-a-Lago. «Siamo aperti agli affari ma non in vendita», dice comunque la maggioranza dei residenti che dipendono in gran parte dalla Danimarca, i cui contributi valgono oltre un quinto del pil totale.
Urne chiuse nella tarda serata di ieri ma per avere i risultati ufficiali ci vorrà molto tempo e saranno certificato soltanto tra qualche settimana.
Le schede elettorali infatti dovranno arrivare nella capitale Nuuk da insediamenti remoti in barca, aereo ed elicottero dato che non ci sono strade che collegano le comunità nei ben 2,16 milioni di chilometri quadrati dell'isola che fanno della Groenlandia il 12° Paese al mondo per estensione. E improvvisamente, finiti al centro delle mappe mondiali.
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