Ieri sera, a poche ore dal Consiglio dei ministri che dovrebbe approvarlo, il documento con il piano semi-definitivo del Recovery plan italiano, non era ancora uscito dal ministero dell'Economia guidato da Roberto Gualtieri (nella foto a destra). Alle 21 e 39 minuti il tweet dello sesso ministro con il quale si annuncia la consegna del Piano nazionale di ripresa e resilienza ai ministri. «In oltre 170 pagine sono esposte le strategie, i progetti, le risorse per fare ripartire l'Italia. Ora nel governo, in Parlamento e nel Paese si apre la fase di analisi, miglioramento e decisione», ha twittato Gualtieri. Di fatto il segno che il testo sarà ancora cambiato.
Anche perché la versione uscita ieri sera non è molto diversa da quelle precedenti, bocciate da Italia viva di Matteo Renzi.
Confermati i sei capitoli. A digitalizzazione, innovazione competizione e cultura 46,18 contro i 45,96 del precedente piano. Per la «Rivoluzione verde e transizione tecnologica», confermati 68,9 miliardi. Per «Infrastrutture per una mobilità sostenibile» 31,8. Istruzione e ricerca da 27,9 a 28,5 miliardi. Inclusione e coesione 27,62 miliardi, Confermati gli investimenti per la sanità a 19,72 miliardi di euro.
Le concessioni più rilevanti rispetto alle richieste della maggioranza sono l'aumento della voce «impresa verde ed economia circolare», che passa da 5,5 miliardi a 6,3 miliardi di euro. Nessuna novità sulle infrastrutture, nessun accenno al ponte sullo stretto di Messina.
Cambia di pochissimo il rapporto tra la cifra destinata a progetti già approvati e quella per nuovi programmi. Sui 220 miliardi totali, 65,7 vanno a quelli in essere (erano 6,6 miliardi) e 144,2 a quelli inediti.
Confermate le previsioni contenute nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.
«Gli impatti stimati sulle principali variabili macroeconomiche, da cui si evidenzia in particolare che la crescita del Pil nel 2026, l'anno finale del Piano, risulterebbe più alta di 3 punti percentuali rispetto allo scenario tendenziale di base».
Crescita indotta dall'impiego dei fondi europei dalla quale dipende il rispetto dei vincoli europei sui conti pubblici.
Ieri la commissioni Problemi economici e Bilancio del Parlamento europeo hanno approvato il regolamento del Recovery Fund, elemento chiave di Next Generation Eu concordato a luglio dai governi. Quello di oggi è un primo voto cui seguirà il pronunciamento dell'intero Parlamento europeo. Il testo prevede alcune novità di rilievo a partire dall'aumento del prefinanziamento nel 2021 dal 10% al 13%, e sono esplicitati i termini della condizionalità macroeconomica da rispettare se un Paese dovesse trovarsi in una procedura per deficit eccessivo.
Il regolamento dovrebbe passare a fine febbraio e fino ad allora il piano non sarà entrato in vigore. Fino alla metà di febbraio non c'è certezza nemmeno sulla cifra a disposizione di ogni Stato. La trattativa, insomma, continua.
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