Come sarebbe l'Italia se Berlusconi non fosse esistito? Domanda insulsa che ingolosisce i suoi detrattori, specie i meno brillanti e più rosiconi. Risposta: sarebbe la stessa e ci mancherebbe pure. Non ha cambiato la società con la televisione commerciale. Ha capito che il costume era cambiato e ha offerto un modo di fare televisione nuovo, eppure al passo coi tempi. Erano gli altri che dormivano o, più propriamente, volevano illudersi che non cambiando la televisione il popolo sarebbe rimasto aggrappato ai francescani anni '70, capaci di sparare ma non di ridere. Non ha cambiato la scena politica. Ha intuito che una larga parte di italiani non accettava di essere governata da sinistra e ha proposto un'alternativa che intercettasse tale orientamento. Quelle erano le realtà, degli anni '80 prima e dei '90 poi. Berlusconi le ha solo comprese, meglio e prima di altri. Questo appartiene alla genialità dell'uomo. Non sorprende che non vada bene ai sinistri, per cui l'umanità non può essere come è. Dev'essere com'è giusto che sia, cioè come dicono loro. Le devianze, se ricorrono, sono per forza riconducibili a un fattore esogeno. L'idea si aggancia a quell'atavica e istintiva spinta a scaricare sul grande uomo, chiunque esso sia, ciò che siamo; a quella cultura popolare che rifugge dalle responsabilità. Ciò che non ci piace è colpa di qualche potente e solo l'avvento di un altro potente potrà levarci dai guai: adda veni' Baffone! Il problema è che Berlusconi non si è limitato a intuire. Al genio ha unito operosità, tenacia, empatia: insomma, la capacità di fare. Imperdonabile, se agisci dove si forma e si esercita il potere, ossia televisioni e politica. Stavolta Baffone è venuto! Tanto che a questo punto devono per forza entrare in scena i processi e le sentenze: c'è riuscito perché non sempre ha rigato dritto! Alibi, ancora alibi per chi non è stato altrettanto capace, pur disponendo di un esercito mediatico anche più potente. Senza scendere nelle singole vicende, il quadro generale restituisce un'immagine in cui si fatica a capire, trent'anni dopo Tangentopoli, chi siano i buoni. O forse no, si capisce eccome.
Ciò non equivale a sminuire la portata dell'imprenditore e del politico, ma solo a non consegnarlo alla storia come capro espiatorio di quanto sgradevole nella società e in politica. Ci piaccia o no, come siamo è responsabilità di ciascuno di noi.
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