"Hai mentito". Ma l'attacco della Lucarelli alla Meloni finisce male

La Lucarelli attacca la leader di Fratelli d'Italia: "L'aborto nel 1976 era un reato". Ma un avvocato la zittisce: "Era legale, volgare viperetta"

"Hai mentito". Ma l'attacco della Lucarelli alla Meloni finisce male

Continua a far discutere l'autobiografia di Giorgia Meloni. In particolare è stato un passaggio del libro, scritto dalla leader di Fratelli d'Italia, a sollevare una polemica sul mondo del web. La presidente di FdI ha rivelato i racconti di sua madre, di quando era una giovane donna, ferita, spaventata, con una storia d'amore ormai agli sgoccioli. L'intenzione era quella di interrompere la gravidanza, ma alla fine decise di dar vita alla sua creatura e di crescerla negli anni a seguire.

In sostanza la Meloni non sarebbe dovuta nascere perché sua madre - quando rimase incinta di lei - pensò seriamente ad abortire, cambiando però idea per poi portare avanti la gravidanza. Ma per Selvaggia Lucarelli c'è qualcosa che non torna: secondo la giornalista in quel periodo "la legge sull'aborto non esisteva". La Meloni è nata il 15 gennaio 1977; dunque la madre rimase incinta verso aprile dell'anno prima. La giornalista sostiene che "nel 1976 l'interruzione volontaria di gravidanza era una pratica illegale". La legge 194 sull'aborto, grazie a cui oggi l'interruzione di gravidanza in Italia è consentita entro i primi tre mesi, "è del 22 maggio 1978". Così la scrittrice ipotizza, tra gli altri scenari, che la Meloni possa aver mentito "infiocchettando un racconto e dunque questo è un romanzo e non una biografia".

L'avvocato zittisce la Lucarelli

La posizione della Lucarelli è stata però smontata dall'avvocato Sara Kelany, iscritto a Fratelli d'Italia: "Notizia falsa, speculazione strappalacrime. Così la Lucarelli tenta, con fare miserabile, di trovare la falla nel libro della Meloni". La Kelany, attraverso un articolo pubblicato su La voce del patriota, ritiene che l'aborto non sia più reato dal febbraio del 1975. La Corte Costituzionale, con la sentenza 27/1975, "aveva espressamente sancito che non potessero andare incontro a conseguenze penali coloro che procuravano l'aborto e le donne che vi consentivano".

Secondo l'avvocato, la consulta dichiarava parzialmente incostituzionale l'articolo 546 c.p., nella parte in cui puniva chi cagionava l'aborto di donna consenziente anche qualora fosse stata accertata la pericolosità della gravidanza per il benessere fisico o per l'equilibrio psichico della gestante: "Dopo questa sentenza che depenalizza l’aborto e lo rende una pratica legale, arriva la legge 194 del 1978, che regolamenta l'interruzione di gravidanza, ne disciplina i contorni e riempie il vuoto normativo che con la sentenza del 1975 nell'ordinamento si era venuto a creare".

Dunque per la Kelany l'aborto non era reato già da un po' di tempo.

E così ha colto l'occasione per commentare la polemica sollevata dalla Lucarelli: "La cosa miserevole è che ancora una volta, pur di rovistare nel torbido consenso del web come un accattone nei cassonetti, si è speculato sui sentimenti più profondi, spettegolando come volgari viperette di rione su fatti che hanno oggettivamente una poderosa portata emotiva per chi li vive e ne scrive".

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