"Ho tentato di salvare mio marito è sparito dicendo: sto morendo..."

Galatina (Lecce) - «Quella nave non doveva partire con un tempo così brutto e per terra, quando salivamo per entrare nel traghetto, c'erano puzza e tracce di petrolio ovunque, e quando camminavamo si scivolava». Sono le parole di Teodora Douli, greca di 56 anni, moglie di una delle vittime del disastro in Adriatico. Il cadavere del marito non è stato ancora riconosciuto, lei è ricoverata nell'ospedale Santa Caterina Novella di Galatina: ha riportato una forte contusione a costato, gambe e braccia, oltre a diverse escoriazioni, ma trova comunque la forza per strappare un filo di voce al dolore e raccontare la tragedia in Adriatico. «Io e mio marito – spiega – siamo stati più di quattro ore in acqua: ho tentato di salvarlo ma non ci sono riuscita, lui mi diceva “stiamo morendo, stiamo morendo“, c'era una nave ma era troppo lontana per poterci raggiungere, io nuotavo, a mio marito usciva sangue dal naso». Nello stesso ospedale ci sono due militari della guardia costiera, che hanno partecipato ai soccorsi: le loro condizioni non sono gravi.

Intanto le procure di Bari, Lecce e Brindisi hanno aperto un'inchiesta. Le ipotesi di reato sono naufragio colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose.

Ieri sono giunti al porto di Bari il procuratore Giuseppe Volpe e il dirigente della squadra mobile, Luigi Rinella: «Si stanno acquisendo i primi dati tecnici ascoltando i naufraghi e soccorritori – spiega il magistrato – e poi si valuterà configurazione definitiva dell'ipotesi di reato e la competenza territoriale». Gli interrogatori sono cominciati ieri negli uffici della Capitaneria di porto. Gli investigatori intendono fare luce sulla dinamica e sulle cause dell'incendio oltre che sulla gestione dell'emergenza a bordo.

 

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