I contatti del governo per il summit della pace

L'esecutivo aspetta l'invito per il 13 a Parigi. Mattarella offre una sponda verso Ue e Usa

I contatti del governo per il summit della pace

Motori caldi, un aereo sempre sulla pista, Giorgia «è pronta a partire» per Parigi in qualunque momento. L'invito ufficiale non è arrivato, del resto la guerra sul campo infuria, Usa e Russia ancora si attaccano con durezza e la conferenza di pace annunciata a Washington da Joe Biden e Emmanuel Macron è tutta la costruire, anzi è stata già derubricata a «conferenza per raccogliere gli aiuti» da mandare a Kiev. Però, spiegano a Palazzo Chigi, siccome uno straccio di dialogo è comunque iniziato, l'Italia è disposta a dare una mano. In queste ore si moltiplicano i contatti con Bruxelles e le altre capitali europee alla ricerca di una strategia comune. «Stiamo mettendo in atto ogni possibile sforzo per raggiungere le condizioni di un cessate il fuoco e per l'apertura di un serio negoziato». La Meloni dunque è pronta: il giorno 13 ha degli impegni parlamentari: le comunicazioni alla Camera in vista del Consiglio europeo e l'elezione dei membri del Csm. Ma insomma, «nel caso l'agenda si può cambiare».

E a questo punto si tratta di capire quale sarebbe il ruolo di Roma nel summit parigino. Con il via libera del presidente americano, Macron ha chiamato Scholz riproponendo il solito schema a due. Potremo inserirci tra le president e il cancelliere, che tra l'altro sono tra i pochi a cui lo zar risponde al telefono? Antonio Tajani sembra convinto di sì. «È giunto il momento di cominciare a lavorare per una pace giusta per l'Ucraina - dice a Repubblica - L'Italia è molto interessata, tutti i Paesi della Nato saranno pronti a parlare con Putin se davvero dimostrerà anche lui di essere genuinamente interessato». Certo, prima di sedersi al tavolo, sostiene il ministro degli Esteri, ci sono delle precondizioni. «La Russia continua ad attaccare civili e infrastrutture, vuole usare l'inverno contro la popolazione. Il Cremlino se vuole trattare deve dare segnali concreti, anziché continuare a bombardare la gente. La pace passa per l'indipendenza piena di Kiev, non dalla sua resa».

La linea dunque non si tocca, è quella atlantista che è prevalsa pure l'altro giorno quando il Consiglio dei ministri, per la sesta volta, ha approvato il decreto che dà copertura all'invio di armi all'Ucraina. Sulla scia del governo Draghi, come spiega Guido Crosetto. «Una politica di continuità. Stiamo implementando le decisioni dell'esecutivo precedente, gli impegni di una nazione verso le alleanze internazionali di cui si fa parte non cambiano con il cambiare dei governi. Noi non siamo dei quaquaraquà». Quanto a Giuseppe Conte, dice al Corriere della Sera il ministro della Difesa, «le sue parole ora fomentano l'odio, eppure lui per cinque volte aveva detto si».

Una barra tenuta dritta anche grazie alla sponda offerta dal Quirinale: non si fa nulla al di fuori di Nato e Unione Europea. Ora però che chissà, magari, forse si apre uno spiraglio, Sergio Mattarella invita ad essere lucidi. «Ancora una volta siamo di fronte al bivio.

Che cosa permette - si chiede il presidente nel suo discorso alla conferenza Rome Med - di guardare al progresso dell'umanità, la guerra o la pace? Dobbiamo partire da quei principi posti alla base della nostra convivenza civile e fondati del quadro delle Nazioni Unite».

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