I fortini rossi traballano. Il vento leghista sull'Emilia

I risultati si avranno oggi, ma il Carroccio al Nord punta a scardinare il Pd. Riflettori su Firenze e Bergamo

I fortini rossi traballano. Il vento leghista sull'Emilia

I fortini rossi traballano dopo il voto di ieri. In 26 città capoluogo si doveva rieleggere sindaco e consiglio comunale. Città grandi come Firenze e Bari, e poi tante località dove il Pd ha governato negli ultimi cinque anni. Se i voti dati nelle urne europee si proietteranno anche sui risultati delle elezioni amministrative, allora saremmo di fronte a un autentico crollo del Partito democratico e del suo potere locale.

Le sfide più importanti sono quelle di Firenze e Bari. In Toscana il democratico Dario Nardella cerca la riconferma, e così pure Antonio Decaro nel capoluogo pugliese. Il primo è l'erede di Matteo Renzi, e gli era subentrato quando l'allora sindaco di Firenze è diventato segretario del Pd e premier. A insidiarlo c'è Ubaldo Bocci, leghista sostenuto dall'intero centrodestra «ispirato» da Denis Verdini, ex braccio destro di Silvio Berlusconi che fece da pontiere proprio con Renzi e ora è il «genero» di Matteo Salvini. Anche Decaro, che è pure presidente dell'Associazione nazionale Comuni d'Italia, è un prodotto della stagione renziana. Il suo avversario è Pasquale Di Rella, esponente del Pd fino a due anni fa poi trasferitosi a destra.

Cinque anni fa anche in questi 26 capoluoghi si sentì l'effetto trascinamento del 40 per cento di Matteo Renzi alle europee: in 18 città vinse il centrosinistra, in 5 il centrodestra e poi si registrò la sorpresa di due municipi, Livorno e Avellino, conquistati per la prima volta dal M5s. Fu clamorosa soprattutto la vittoria di Filippo Nogarin a Livorno, feudo rosso antico dove nacque il Partito comunista nel 1921. Era l'inizio di un rivoluzione che in pochi anni avrebbe portato il Pd di Renzi all'opposizione e i Cinque stelle al governo.

Oggi i feudi rossi vacillano ovunque, ma traballa anche la solidità dei grillini. Nogarin si è candidato per le elezioni europee dopo cinque anni scarsi di amministrazione faticosa, punteggiata da inchieste e avvisi di garanzia. Firenze e Bari sono in bilico.

Soltanto oggi, in mancanza di exit poll, si conoscerà l'esito del voto negli altri capoluoghi. E l'attenzione è tutta sulle città amministrate dal Pd, soprattutto in Emilia Romagna, dove il vento leghista soffia più forte di quello pentastellato. Quattro i capoluoghi (Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Forlì-Cesena) più una mezza dozzina di Comuni attorno a Bologna.

Qui la sinistra governa da sempre. Reggio e Ferrara sono la patria di due ex ministri di un certo peso nel Pd, rispettivamente Graziano Delrio (che fu pure sindaco) e Dario Franceschini. Modena e Forlì sono tra le capitali del sistema cooperativo. Le sirene del pericolo suonano dall'anno scorso, quando un'altra roccaforte rossa, Imola, passò ai Cinque stelle. Il centrosinistra è ovunque arrivato al voto dilaniato dalle polemiche alimentate dai cacicchi locali e dalle cicatrici lasciate dai tormentati anni della gestione Renzi. E c'è un senso di insicurezza dilagante soprattutto nelle borgate e nelle campagne che potrebbe aver indotto gli elettori a rivolgersi ai partiti «law and order», soprattutto la Lega, che governa al confine con l'Emilia sopra il Po.

Altre sfide locali daranno il polso del centrosinistra.

Come per esempio a Bergamo, dove il sindaco democratico Giorgio Gori, già azzoppato dalla sfida persa per la Regione Lombardia, rischia di dover cedere il posto a un altro leghista di lungo corso, Giacomo Stucchi. E a Pavia la rottura tra il sindaco uscente e il Pd ha portato a due candidati di centrosinistra.

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