
Il Kursk è quasi perso, ma Kiev non cede, almeno a parole. Ieri lo stato maggiore ucraino ha smentito con forza «i resoconti sul presunto accerchiamento delle unità ucraine da parte del nemico nella regione di Kursk» che «non sono veri e sono inventati dai russi per scopi politici e per esercitare pressione sull'Ucraina e sui suoi partner». A parlare di assedio era stato Donald Trump, ma in realtà sono le cronache della guerra a riferire di riconquiste dopo riconquiste da parte delle armate russe. «I nostri soldati - obiettano da Kiev - stanno respingendo le azioni offensive nemiche e infliggendo danni da fuoco efficaci, usando tutti i tipi di armi. Dall'inizio della giornata ci sono stati 13 scontri in direzione di Kursk. Non c'è alcuna minaccia di accerchiamento delle nostre unità».
La verità è che Volodymyr Zelensky sta vedendo sbriciolarsi nelle mani quella che sperava diventasse una carta di valore da mettere sul tavolo del negoziato per la tregua. Quei 1.300 chilometri di territorio russo conquistati un po' a sorpresa la scorsa estate e che ora sono ridotti più o meno a un quarto. Ieri Zelensky si è visto recapitate l'ultimatum di Vladimir Putin («Kiev deve dare l'ordine alle sue truppe di arrendersi per poter attuare l'appello del presidente Trump di risparmiare le sue truppe nella regione di Kursk») e ha ammesso che «la situazione nella regione del Kursk è ovviamente molto difficile», smentendo in qualche modo le stesse teorie del suo stato maggiore.
Insomma, sono giorni difficili per il presidente ucraino. Anzi settimane. L'unica speranza di uscire dal cul de sac in cui il suo Paese è stato cacciato a forza è recuperare i rapporti con Washington, perché, come scrive lui stesso su X, «la potenza dell'America può forzare» Putin a mettere fine alla guerra in Ucraina, in quanto il leader del Cremlino «sta facendo tutto il possibile per sabotare la diplomazia, ponendo condizioni estremamente difficili e inaccettabili dall'inizio, anche prima di un cessate il fuoco». Putin «non metterà fine alla guerra per sua volontà» ma «la forza dell'America è sufficiente a fare in modo che succeda. Sono necessari passi vigorosi, una forte pressione va esercitata sull'unico che vuole che la guerra continui».
E ieri Zelesnky ha avuto un colloqui con il presidente francese Emmanuel Macron e il premier inglese Keir Starmer, il primo dopo i negoziati di Gedda tra le delegazioni di Kiev e Washington.
«La Russia deve ora accettare la proposta statunitense-ucraina di un cessate il fuoco di 30 giorni - ha scritto su X Macron - L'aggressione russa in Ucraina deve finire. Le atrocità devono cessare. E anche le tattiche dilatorie». Telefonata anche con il segretario di stato vaticano, cardinale Pietro Parolin: «Contiamo sulla vostra mediazione per la pace».
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