I pannicelli del governo su Quota 100

Sulle pensioni solo soluzioni limitate a pochi e proroghe di vecchie misure

I pannicelli del governo su Quota 100

Disinnescare l'effetto del crollo del Pil del 2020 (-9% per il governo, diversi decimali in più per altri osservatori) nel calcolo delle pensioni future. Evitare ai lavoratori di oggi un salasso nel calcolo dell'assegno previdenziale.

Il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo si è presentata ieri (in collegamento) al vertice con i sindacati sulle pensioni proponendo di sospendere il dato nell'anno in corso nel calcolo del coefficiente di rivalutazione del montante contributivo dei lavoratori che rientrano nel metodo contributivo. Per il 2020 sarebbe stato negativo, quindi si è scelto di cercare una soluzione simile a quella del 2015, quando si stabilì una rivalutazione nulla.

I sindacati avevano segnalato il problema, ma non si aspettavano che il governo proponesse una soluzione nel vertice di ieri, in teoria dedicato alle misure alternative a Quota 100, poi indirizzato sulla scadenza più vicina della lege di Bilancio.

Confermata la volontà di prolungare l'Ape sociale (l'anticipo pensionistico a costo zero riservato ad alcune categorie di lavoratori). Resta da discutere la possibilità di abbassare il requisito di 36 anni di contributi richiesto ai lavori «gravosi». Passata la proposta di allargarla a chi non percepisce la Naspi.

Qualche difficoltà di copertura sollevata dal ministero dell'Economia riguarda invece quota 41 per i cosiddetti lavoratori fragili. La soglia di 41 anni di contribuzione per avere diritto alla pensione è un cavalo di battaglia della Lega di Matteo Salvini, come sviluppo naturale di Quota 100. Il costo di una estensione erga omnes non è sostenibile, quindi sindacati e governo stanno studiando per il momento in una sperimentazione su alcune categorie di lavoratori.

Ad esempio i malati oncologici, i cardiopatici. Ma anche chi soffrirà di danni permanenti legati al Covid.

Queste ultime due misure non peserebbero sulla spesa previdenziale. «L'Europa si è già pronunciata sull'Ape sociale classificandola come spesa assistenziale», spiega Domenico Proietti, segretario confederale della Uil. «Peccato - prosegue - che il governo nella Nadef abbia indicato la percentuale della spesa previdenziale italiana al 17% quando in realtà, sottraendo quella assistenziale, è intorno al 12%».

Nessun problema sulla proroga di Opzione donna, la possibilità per le lavoratrici vicine alla pensione di anticiparla con un taglio all'assegno.

Altra novità emersa ieri, il sì del governo all'equiparazione, ai fini del calcolo della pensione, del parti time verticale e di quello orizzontale. Il primo era penalizzato. In arrivo, è poi, un'altra salvaguardia (la nona) per gli esodati della riforma Fornero.

Tra le novità, un rilancio della cosiddetta isopensione e dei contratti di espansione. Strumenti poco conosciuti che consistono in una pensione anticipata decisa con un accordo sindacale tra lavoratori e imprese. Il costo è interamente a carico delle imprese. I sindacati propongono di finanziare due dei quattro anni di anticipo della pensione con la Naspi. Il governo è disponibile ad esetendere lo scivolo da quattro a sette anni.

Positivo il giudizio di Roberto Ghiselli della Cgil e Ignazio Ganga della Cisl.

A mettere di buon umore i sindacati c'è anche la decisione di Catalfo di ripristinare i contributi a favore dei patronati. Il prelievo contributivo per finanziarli torna allo 0,226%. Il Jobs Act del governo Renzi lo aveva ridotto allo 0,148% portando il contributo da 430 milioni a 280. Dal 2021 il ritorno al regime precedente.

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