I pm condannati ora saranno sospesi

I magistrati Pesce e Ruggiero, colpevoli di violenza privata, continuavano a esercitare

I pm condannati ora saranno sospesi
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Ricorso rigettato. Le toghe Michele Ruggiero e Alessandro Donato Pesce devono essere sospese. Ci è voluto più di un anno ma la Corte suprema di Cassazione sezioni unite civili ha finalmente messo la parola fine a un capitolo poco edificante per l’intera magistratura. I due sostituti procuratori presso il tribunale di Bari a gennaio 2023 erano stati condannati in via definitiva per violenza privata ai danni di alcuni testi: rispettivamente 6 mesi uno e 4 mesi di reclusione l’altro.
In sostanza, quando lavoravano alla procura di Trani avevano minacciato, intimidito ed esercitato violenze verbali nei confronti di tre persone con lo scopo di ottenere false dichiarazioni. Metodi tutt'altro che legali, insomma.
“Io le cose le so già e te ne andrai in carcere pure tu»; «Tua moglie lo sa cosa hai fatto? Che tu fai così?»; «Tu mo' ti puoi alzare, te ne vai e poi ci vedremo tra un mesetto però in una diversa posizione, tu dietro le sbarre e io da un'altra parte»; «Anche la sola indagine a tuo carico ti creerebbe un casino di problemi per la laurea, per il tuo futuro»: queste sono solo alcune delle frasi finite agli atti, solo per dare l'idea del modus operandi.
A fine maggio 2023, un'altra beffa. La procura generale della Cassazione aveva chiesto la radiazione, ma la sezione disciplinare del Csm ha preferito «graziarli» con una sospensione di due anni per Ruggiero e di nove mesi per Pesce. Peccato però che la sospensione non divenne esecutiva dal momento che i due magistrati hanno subito fatto ricorso. Nel frattempo, come se nulla fosse e praticamente per quasi un anno e mezzo, le due toghe hanno continuato a indagare, a coordinare inchieste, a interrogare testimoni e a percepire lo stipendio, pagato dai contribuenti. Alla faccia di qualunque altro pubblico ufficiale che, se colpito dalla stessa sorte, sarebbe finito il giorno dopo in galera o licenziato in tronco. Adesso, però finalmente la sentenza è arrivata.

E non si potranno più appellare a nulla. Di contro, grazie ai paradossi della giustizia italiana, per loro resta comunque una consolazione: alla fine del periodo di sosta forzata, torneranno a lavorare come magistrati civili, uno a Torino e uno a Milano.

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