I pm indagano Maroni su Expo per incastrarlo su Finmeccanica

Il governatore della Lombardia accusato di concussione per delle raccomandazioni. Ma il vero obiettivo delle toghe sono le presunte mazzette incassate dal Carroccio

Il segretario della Lega Roberto Maroni
Il segretario della Lega Roberto Maroni

Domanda che fa tremare il Palazzo: cos'hanno in comune due semisconosciute consulenti della Regione Lombardia e l'ex amministratore delegato di Finmeccanica, la più grande azienda di Stato con interessi che vanno dalla sicurezza all'aerospaziale? Risposta: due cose. La prima, l'ex ministro dell'Interno, leader della Lega Nord e attuale governatore lombardo Roberto Maroni. La seconda, un numero: 3856/12.

È il numero di fascicolo con cui la Procura di Busto Arsizio ha messo sotto inchiesta Maroni e il suo braccio destro Giacomo Ciriello, accusati di concussione per induzione per aver fatto assumere senza particolari ragioni di curriculum due vecchie conoscenze del Viminale in un paio di società partecipate dal Pirellone. Una storiaccia assai italiana di donne, potere e raccomandazioni, all'apparenza robetta da quattro soldi se non fosse che dalla «visita» fatta ieri dai carabinieri negli uffici delle due consulenti emerge un dettaglio tutt'altro che irrilevante. E cioè che il numero stampato sul decreto di perquisizione - 3856/12 - è lo stesso del fascicolo con cui i pm hanno dato la caccia alle tangenti che Finmeccanica avrebbe versato per piazzare 12 elicotteri in India. Inchiesta chiusa da tempo, processo alle battute finali e sentenza attesa per il 3 ottobre.

L'imputato principale è Giuseppe Orsi, ex numero uno di Finmeccanica. Lo stesso che al telefono confidava: «Se non c'era Maroni col cavolo che ero qua». Sullo sfondo, una maxi tangente da 12 milioni da destinare alla Lega, e che Orsi avrebbe girato in cambio dell'appoggio alla sua nomina nella holding di Stato. Quell'ipotesi investigativa, però, sembrava estinta. Fino a ieri. La mossa della Procura, infatti, dice che la pista delle mazzette alla Lega non si è affatto raffreddata, e che la storiella della due raccomandate tiene le braci accese sotto i piedi del bersaglio grosso: Roberto Maroni.

Il commissario anticorruzione Raffaele Cantone, di fronte alla notizia sulle due assunzioni, annuncia subito che «siamo in una fase che non ha nessuna incidenza sulla vicenda Expo». Ma è indubbio che per il tormentato cammino dell'esposizione universale è una nuova botta. Chi sono le due fortunate? Mara Carluccio e Mariagrazia Paturzo, entrambe con un passato al Viminale sotto la gestione Maroni (la prima «consigliera della Segreteria del Ministro per le politiche comunitarie», la seconda «Responsabile relazioni esterne dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati»), attualmente in forza a due società partecipate dal Pirellone, entrambe con ufficio in via del Gesù, sede romana della Regione Lombardia. Carluccio ha un contratto a termine con «Eupolis spa» - istituto di ricerca, statistica e formazione - a 29.500 euro annui, «somma dalla stessa fissata per proprie esigenze fiscali», annotano in pm. Paturzo, invece, è stata assunta per 2 anni - ma con contratto di sei mesi rinnovabile - in Expo spa, a 5.417 euro al mese. Tutte e due, secondo il pm Eugenio Fusco, avrebbero ottenuto il posto su mandato di Maroni e grazie alle pressioni materiali fatte dal suo capo di segreteria Ciriello. Ma questo è il fumo. L'arrosto, quello vero, si trova a Londra. Dall'avvocato Christian James Michel.

Nello stesso giorno in cui i carabinieri del Noe bussano al fantasmagorico ufficio di Maroni al trentacinquesimo piano di Palazzo Lombardia, e l'avviso di garanzia rivela al mondo la faccenda delle due giovani donne assunte su chiamata dall'alto, entrano in circolazione altri due documenti. Stessa Procura, stessa inchiesta. Ma questi sono due mandati di cattura. Uno è per l'avvocato indiano Gautam Khaitan, l'altro per il suo collega inglese Michel. Entrambi sono da sempre indagati per la vendita degli elicotteri italiani al governo di New Delhi, ma erano rimasti a piede libero. Invece ieri si scopre che nel febbraio scorso Fusco ha ottenuto che venisse ordinato il loro arresto, per ora non eseguito. Perché ora, a processo finito? Khaitan potrebbe essere il gancio per incastrare definitivamente la famiglia di Sashi Tyagi, il capo di stato maggiore indiano considerato il terminale delle tangenti. Invece Michel entra in scena per collaborare alla operazione di lobbying o corruzione in India. Ma c'è un dettaglio: è Michel che a un certo punto rende noto agli altri mediatori che bisogna restituire a Orsi dodici milioni già incassati. Segue litigio furibondo a Dubai.

A cosa servono quei soldi? Gli altri mediatori se lo confideranno incautamente in macchina: «Sono per la Lega Nord». Da Michel, insomma, per i pm si arriva al Carroccio. No, non sono le due ragazze assunte a tempo determinato il guaio più grosso per Maroni.

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